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Sembra una struttura in disarmo il Cara di Mineo (Catania), una cittadella semideserta dove ormai sono di più i poliziotti che la presidiano degli ospiti, gli immigrati che sono stati accolti nelle casette a schiera dell’ex “Residence degli aranci”, destinato in un primo momento ai militari della base americana di Sigonella. È la stessa struttura visitata venerdì 29 marzo da Maurizio Landini e Giuseppe Massafra, segretario generale e segretario confederale della Cgil, e da Serena Sorrentino e Maria Grazia Gabrielli, alla guida rispettivamente della Fp e della Filcams.
“Non è più il Cara di prima”, ci hanno detto i lavoratori con cui abbiamo parlato. Il cambiamento è iniziato, drasticamente, alla fine dello scorso settembre, quando sono stati lasciati a casa i primi 170 addetti e il numero degli ospiti, trasferiti a scaglioni in altri centri dell’isola, ha iniziato a diminuire con regolarità. Eppure era un modello il Cara di Mineo, studiato in tutto il mondo. Un posto speciale, ci hanno raccontato i dipendenti prossimi al licenziamento. Ecco le loro voci.
Giovanni Azzara
Lavoro al Cara di Mineo dal marzo del 2014, sono entrato con un contratto a tempo determinato e poi ho avuto la fortuna di averne uno a tempo indeterminato. Sono addetto alle pulizie, ma all’inizio facevamo un po’ di tutto, avevamo preso l’Haccp per lavorare anche in mensa. Da settembre 2018 però ci hanno tolto questi servizi, hanno licenziato 170 persone e io sono rimasto a fare esclusivamente le pulizie. Da quel momento in poi ho visto il Cara andare indietro, invece che avanti: gli ospiti sono stati progressivamente ridotti, di mese in mese sempre di meno, di conseguenza è stato tagliato anche il personale.
Il Cara di Mineo lo stanno azzerando, e non si capisce perché. Gli ospiti sono stati spostati a Messina, Trapani, Siracusa: perché trasferirli in altri centri? Se non vengono rimpatriati, perché non lasciarli qui e permetterci di continuare a lavorare? In questo modo stanno distruggendo centinaia di famiglie.
In autunno, quando c’è stata un’alluvione in zona, abbiamo avuto la visita del ministro Di Maio, che in quell’occasione ha incontrato i 170 lavoratori licenziati a settembre: si sono presentati e gli hanno detto “non ci dimentichi”, e lui ha risposto che no, non si sarebbe dimenticato di loro. E queste sono le conseguenze.
Per questo ringraziamo la Cgil, che è venuta a visitare il Centro e a incontrare i lavoratori, c’è finalmente qualcuno che si interessa a noi, che ci difende. Siamo stati bravi, abbiamo lavorato bene, abbiamo fatto accoglienza, abbiamo avuto buoni risultati, perché dobbiamo fare questa fine? La nostra rabbia è questa.
Santo Seminara
Sono addetto alle pulizie, lavoro qui dal 2014. Mi sono trovato bene fin dall’inizio, sia con i colleghi sia con gli ospiti: qui si è creato un bel rapporto tra operatori e ospiti, e ora che da 4 mila siamo scesi a 610, si sente la mancanza di quello che era prima il Cara di Mineo.
Con il cambio di appalto siamo entrati con una nuova azienda, ma siamo molto preoccupati. Si può essere contrari all’immigrazione, come Salvini, ma si può affrontare la questione in un altro modo e non come sta facendo il ministro, perché è un massacro: da 300 operatori che eravamo a settembre adesso siamo poco più di 100, tolgono in lavoro al Calatino, alla nostra zona, per spostarlo altrove. Scompare il nostro lavoro, ma anche quello dell’indotto collegato al centro, è un impoverimento generale.
Immaginavo che l’immigrazione non fosse il lavoro che mi avrebbe portato alla pensione, ma non pensavo che potesse accadere in questo modo. Lasciano a casa padri di famiglia, che sì, adesso prendono la disoccupazione, ma tra due anni, quando sarà finita, cosa faranno? Il lavoro dov’è? In campagna non ce n’è, l’edilizia è ferma, non ci sono investimenti. E lo Stato è assente.
Francesca Anzaldi
Sono una delle educatrici, lavoro qui dal 2011, da quando è stato aperto. È stata una bellissima esperienza, fino al 30 settembre 2018. Con la nuova gestione sono venute a mancare tutte quelle attività che piano piano, nel tempo, con i nostri errori e con le nostre vittorie, siamo riusciti a mettere in piedi. Quello che più mi dispiace è vedere questo nostro lavoro distruggersi, giorno dopo giorno, vedere gli ospiti ridotti in queste condizioni, vedere che la politica si disinteressa totalmente del vero concetto di integrazione.
Negli anni passati, finché c’è stato un interesse politico, il Cara di Mineo era visto come un fiore all’occhiello nel panorama europeo, adesso è considerato soltanto una chance per vincere le elezioni europee, chiudendolo. Io mi domando: visto che gli italiani vengono prima di tutto, noi lavoratori buttati fuori, con le famiglie lasciate in difficoltà, che fine faremo, dove verremo ricollocati?
Giacomo Biondo
Sono un capo operaio e lavoro al Cara da sette anni. Stiamo vivendo momenti davvero brutti. Per noi il Cara è stato già chiuso il 1° ottobre, quando è andata via la vecchia gestione. Ci sentiamo abbandonati dalle istituzioni: è vero che abbiamo lavorato per le cooperative, ma è altrettanto vero che abbiamo aiutato lo Stato. E ora ci troviamo improvvisamente senza soldi, senza prospettive.
Per noi è stata anche un’esperienza bellissima: quando vai a lavorare in un posto come questo, o ci metti un po’ di cuore o non vai. Incontri persone che hanno bisogno d’aiuto: rifugiati o non rifugiati, che ne dicano, lì arrivavano tutte persone bisognose. Ne ho viste con i solchi delle lacrime nel volto, non so per quanto tempo avevano pianto.
Avevamo una buona equipe di accoglienza: salvare persone che stanno male è una cosa meravigliosa. E poi c’erano i bambini, alcuni sono nati lì dentro, li abbiamo visti crescere. E poi ci sono gli altri bambini, quelli che abbiamo a casa: cosa potrò dargli dopo, una volta perso il lavoro? A 43 anni sicuramente troverò le porte chiuse, non so cosa farò, probabilmente andrò fuori, ma proprio fuori da questo Paese, perché in Italia si sta male.
Valentina Boscaglia
Lavoro al Cara di Mineo da cinque anni come addetta alle pulizie, per qualche tempo ho lavorato anche alla lavanderia. Per me è un grande dolore quello che sta succedendo, mi ritrovo a perdere il lavoro a quasi 40 anni e mi sento come se fosse finita tutta la mia realtà lavorativa. Sono preoccupata, non abbiamo come mantenere i figli, non abbiamo come sostenere le famiglie. Mi auguro che, una volta conclusa l’attività con gli immigrati, con la conversione del Centro, si possa ricreare una nuova realtà per noi che lavoriamo lì da anni.
Devo dire che anche se oggi mi trovo così, a non essere pagata, quelli che ho vissuto al Cara di Mineo sono stati cinque anni meravigliosi. È stata un’esperienza positiva, speciale direi, mi ha aiutata a crescere, a capire le difficoltà degli altri e ad aiutarli in qualche modo a fargliele superare. È una brutta fine per un’esperienza così importante, sono davvero amareggiata.
Cono Laleggia
Sono entrato al Cara di Mineo nel 2012 come operatore di logistica, poi sono passato a lavorare come autista. Nel frattempo sono diventato Rsa della Filcams Cgil, all’interno del Centro, e ho avuto l’opportunità di difendere i valori dei lavoratori, e anche quelli dei nostri ospiti. Il Cara in questi anni di lavoro ci ha insegnato tanto, ci ha fatto maturare. Solo vedere in quali condizioni arrivavano là le persone ci dava molto da pensare. Come autista ho fatto viaggi di ogni genere per il Cara: accompagnavo le persone all’ospedale, i ragazzi a scuola, i bambini all’asilo nei paesi vicini. Portavo gli ospiti anche a Catania, a fare i colloqui per la richiesta del permesso di soggiorno.
Ci ho vissuto con queste persone, in tutto e per tutto. Chi ha la fortuna di entrare al Cara – perché è una fortuna lavorare qui – è come se entrasse in contatto con il mondo: tante etnie, tante religioni diverse, che siamo riusciti a gestire, a fare stare insieme. Lì ci siamo creati delle famiglie, con gli ospiti, con gli altri lavoratori. Io ho creato anche la mia famiglia in questi anni: ho una figlia di sette anni e una di quattro, e gli ho insegnato a stare insieme a queste persone: i neri, gli africani, come li chiamano, li conoscono come li conosce il loro papà.
Ora vedo tanti ex colleghi già a casa, che con la disoccupazione non riescono a vivere, e penso che in questi anni sono venute tante persone, da tutto il mondo, a vedere il modello di accoglienza del Cara di Mineo, e tutti lo hanno lodato, tutti lo hanno copiato. Noi lavoratori abbiamo fatto fare bella figura al governo italiano, e il governo italiano adesso ci ricambia così, buttandoci tutti in mezzo a una strada.