Tutti contro l’idea del governo di predisporre una sorta di scudo penale per gli operatori e le operatrici di polizia. Oltre ai dubbi giuridici e di costituzionalità, che pure vanno tenuti in gran conto, c’è di più. Pietro Colapietro è il segretario generale del Silp Cgil, viene dalla strada dove ha operato come poliziotto per decenni, cosa significa operare per garantire la sicurezza dei cittadini e delle cittadine, e dello Stato lo sa bene. 

Il suo giudizio è netto: lo scudo penale sarebbe un errore pericoloso che creerebbe distanza tra operatori e società civile, l’esatto contrario di ciò che serve per garantire sicurezza. Così come non è con i provvedimenti contenuti nel ddl 1660 che si costruisce sicurezza. Quello degli agenti, sostiene Colapietro, è un lavoro di prossimità e di aiuto a chi si trova nel disagio, ed è importante, sottolinea, “per creare spazi di democrazia e garantire diritti costituzionali”.

Il tuo giudizio sulla proposta che il governo vorrebbe portare in Parlamento è dunque nettamente negativo...

Non si tratta di essere favorevoli o contrari. La proposta  non è attuabile perché, come hanno sottolineato autorevolissimi giuristi, presenterebbe evidenti profili di anticostituzionali. Non solo: questo provvedimento si aggiungerebbe a quelli già attenzionati dalla presidenza della Repubblica e contenuti nel ddl 1660, il cosiddetto decreto sicurezza. In ogni caso lo scudo lederebbe anche il principio dell'uguaglianza di ogni cittadino di fronte alla legge, e creerebbe un evidente e pericoloso scollamento, un distacco tra le forze di polizia e la società civile. Le forze di polizia hanno bisogno di tante cose, certo non di vedere diminuita la fiducia dei cittadini e delle cittadine nei loro confronti. La nostra è una professione, lo abbiamo sempre detto, di aiuto e di soccorso e che ha bisogno soprattutto di essere vicina alla gente e non di creare spazi che la allontanano. È chiaro che l'obiettivo - ancora una volta - è quello di strumentalizzare le lavoratrici e lavoratori in uniforme allo scopo di creare consenso elettorale. Questa è una strategia pericolosissima: non si fa consenso sulla sicurezza.

Oltre a questo paventato scudo penale, c'è il cosiddetto ddl sicurezza, quello su cui il Quirinale ha evidenziato dei punti di criticità. Secondo te è con quei provvedimenti che si costruisce sicurezza?

Assolutamente no. Non si costruisce sicurezza parlando alla pancia della gente o cercando di limitare il dissenso e punendo il disagio. Bisogna invece rimuovere le ragioni che generano il disagio, fornendo gli strumenti adeguati a chi la sicurezza la deve effettivamente fornire. Si costruisce sicurezza assicurando condizioni di lavoro adeguate per gli operatori e le operatrici, garantendo spazi di democrazia interni. Sono altre le cose da fare. Un esempio: nella fase che segue quella dell'indagine come atto dovuto a seguito di un evento accaduto durante il servizio, l'operatore è costretto a pagarsi da sé tutte le spese. Bene ,sarebbe utile una tutela per andare incontro a chi non ha la possibilità materiale di farlo. E, ancora: il rinnovo del contratto appena siglato è mortificante, recupera si e no un terzo del potere di acquisto perso con l’inflazione. È chiaro che questo genera enormi difficoltà, così come ci sarebbe bisogno di intervenire su alcuni provvedimenti vecchissimi, penso al Regolamento di servizio o al Testo sulla disciplina, che hanno oltre 42 anni. Abbiamo bisogno di concorsi straordinari per dare maggiore sicurezza e immettere forza lavoro giovane. Oggi non abbiamo nemmeno la possibilità di ospitare nelle scuole gli allievi perché mancano le strutture. Insomma: abbiamo bisogno di altro e non di slogan.

Due giorni fa il sottosegretario alla Giustizia Delmastro  in televisione ha detto che sono partite le assunzioni per 16.000 operatori e operatrici delle forze dell'ordine. Quindi le assunzioni si fanno?

Quelle assunzioni annunciate dal sottosegretario non riescono a coprire il nemmeno il turnover. Non solo, grazie alle cartolarizzazioni del 2004 di Tremonti sono stati dismessi ovvero venduti molti stabili che erano naturalmente adibiti a istituti di istruzione, a scuole per la formazione delle forze dell’ordine. Quindi quando si dice, e non è solo il sottosegretario a farlo, che sono stati inviati in diverse città d'Italia 20-30 poliziotti o carabinieri o finanzieri in più, si dice una cosa che non risponde al vero, perché si fanno i conti al netto delle persone che sono state messe in quiescenza. Siamo sempre di meno e lo sanno benissimo.

Oltre a un aumento di personale, cosa vi serve per essere messi nelle condizioni di espletare in maniera efficiente e sicura il vostro lavoro?

Innanzitutto abbiamo bisogno di incidere sul piano della formazione. È centrale, non abbiamo bisogno di semplificare i corsi incidendo negativamente sulla qualità. Abbiamo bisogno di formare operatori e operatrici in grado di poter svolgere al meglio il delicato compito loro affidato che, lo ripeto, fondamentalmente è quello di aiuto e di soccorso. Abbiamo bisogno di risorse per ammodernare i mezzi. Invece dello scudo penale avremmo bisogno di scudi che proteggono gli operatori e che non si rompano, abbiamo bisogno di idranti che servono per prevenire alcuni fatti di piazza. Ne abbiamo troppo pochi, nemmeno uno per ogni reparto mobile. Abbiamo bisogno di risorse e strumenti per aggredire la criminalità organizzata, e invece si mettono in discussione i tempi e i modi delle intercettazioni. Abbiamo bisogno, infine, di risorse che invece sono sempre di meno.

Hai detto che occorre ridurre la distanza, e non aumentarla, che c'è tra cittadine, cittadini e forze dell'ordine, mi spieghi meglio?

La classe politica non può creare un clima in cui si genera contrapposizione tra chi è contro e chi è favorevole alla polizia. Le forze dell’ordine sono di tutti. Godiamo ancora di un'ampia fiducia dei cittadini e intaccarlo è pericolosissimo. Il nostro è un lavoro di prossimità, non è un lavoro per o contro qualcuno, ma fondamentale per creare spazi di democrazia e per garantire diritti di costituzionali.

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