Puntata n. 16/2024 – Satnam Singh è morto mercoledì al San Camillo di Roma. Era un bracciante indiano cui lunedì un macchinario aveva tranciato un braccio. Il padrone non ha chiamato i soccorsi, lo ha abbandonato per strada nei pressi della sua abitazione

Nel nome di Satnam Singh

Satnam Singh era un bracciante indiano di 31 anni che lavorava come tantissimi connazionali nell’Agro Pontino, Lazio meridionale, territorio di Latina. Era arrivato due anni fa in Italia con la compagna. Indebitato per pagare il viaggio, non parlava italiano, non aveva il permesso di soggiorno. Uno dei tanti lavoratori sfruttati, in balia del ricatto dei padroni. La schiena piegata tutto il giorno a terra per raccogliere zucchine, meloni e cocomeri. Mille sacrifici per pagare una sistemazione a Borgo Santa Maria. Lunedì un macchinario gli ha staccato di netto un braccio. Il padrone, anziché chiamare i soccorsi, lo ha caricato sul furgone in condizioni gravissime e ha messo l’arto in una cassetta della frutta. Poi ha abbandonato l’uomo per strada nei pressi della propria abitazione e durante la fuga ha gettato dal finestrino la cassetta con il braccio in un cassonetto. Hardeep Kaur, la segretaria della Flai di Latina che ha raccolto la drammatica denuncia di un iscritto ricevendo una foto dell’arto abbandonato nella cassetta all’inizio non riusciva nemmeno a capire quello che vedeva nel messaggio. Tanto era l’orrore da risultare incomprensibile. Satnam mercoledì è morto all’ospedale San Camillo di Roma per le gravi ferite e, certamente, per la mancanza di un soccorso medico tempestivo. Vittima della brutalità e dell’avidità. Nel suo nome il sindacato e la società si ribellano: Mai più barbarie.

Firmare per cambiare il lavoro

Perché non accada mai più quello che è accaduto a Satnam Singh, contro lo sfruttamento, la mancanza di sicurezza, la precarietà che rende fragili, il sistema degli appalti, firmate per sostenere i quattro quesiti referendari della Cgil. La campagna va avanti.

A noi!

Il governo assesta due colpi ferali alla democrazia su premierato e autonomia differenziata. Meloni e Salvini svendono il Paese. Il conto, salatissimo, lo pagano gli italiani. Il sassolino del direttore di Collettiva, Stefano Milani

Cannibalizzare la Costituzione nel momento più delicato per la nostra democrazia è un esercizio che ci invidiano perfino a Mosca. Parafrasando il Santo Padre, “c’è troppa giorgiaggine in giro”. Ma c’è chi ne desidera di più, insaziabili nostalgici. La gente non va a votare? Serve una premier forte. Aumentano le disuguaglianze? Ecco l’autonomia differenziata. I salari sono bloccati da oltre trent’anni? Guardatevi il Tg1 e non rompeteci i meloni. Se la sovranità appartiene al popolo, il sovranismo appartiene a questo governo cialtrone che mostra i muscoli ma in realtà se la fa sotto. Si trincera dietro il sorriso smagliante di una maggioranza nel Paese che in realtà non ha. Immobili ad abbaiare alla luna. Un rumore sguaiato a risvegliare le nostre coscienze. A farci uscire da un pericoloso torpore reverenziale. A sventolargli in faccia il tricolore che ora li terrorizza manco fosse la bandiera rossa.

Roma è antifascista

A poche ore dall’aggressione di due studenti che tornavano dalla manifestazione della Sinistra in piazza Santi Apostoli, aggressione in pieno centro e in pieno giorno da parte di coetanei appartenenti a Casapound, ANPI, Cgil, associazioni e società civile rispondono con un’assemblea pubblica a piazza Vittorio. Roma resta antifascista.

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