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Caterina ha cinquanta giorni, Nadia ha nove anni quando la bomba esplode. È la notte tra il 26 e il 27 maggio 1993. Loro sono a casa, con mamma e papà. Un appartamento in centro a Firenze, a un passo dagli Uffizi, all'interno della Torre dei Pulci, sede dell’Accademia dei Georgofili di cui la madre è custode. Dormono quando una Fiat fiorino imbottita di esplosivo salta in aria. Dormono quando la torre crolla.
Scriveva qualche anno fa Umberto Cecchi, su La Nazione:
Era la notte fra il 26 e il 27 maggio e Piazza della Signoria, a me che uscivo da un ristorante cinese assieme ad alcuni colleghi, sembrava magica: il tepore della notte, la primavera nell’aria, il silenzio di Firenze notturna ancora non troppo violentata dalla scomposta movida di oggi, affascinava. Passeggiammo nel Piazzale degli Uffizi, in Via dei georgofili deserta, il ristorante già chiuso, una macchina parcheggiata, la torre antica, guardinga come una creatura viva in penombra. Ma dovevamo tornare al giornale e ci avviammo verso la nostra auto, poco lontana dalla piazza. E lì ci colse l’esplosione. Violenta, cupa, accompagnata da un fragore di macerie che cadevano. Una vampata di luce e polvere copriva il cielo. Tornammo da dove eravamo venuti e l’incanto di poco prima era ora un inferno … In un attimo eravamo a scavalcare sassi antichi abbruniti, travi che bruciavano, mattoni e terra. Lontano i lamenti impazziti dei carri dei vigili del fuoco e delle ambulanze.
Gli abitanti della strada erano terrorizzati, ma un terrore silenzioso da sopravvissuti. Poco dopo, volontari, pompieri e infermieri lavoravano a spostare i cumuli di macerie che impedivano di entrare nella torre. Eravamo naufraghi. Poi l’incognita si mutò in una spaventosa realtà: dalle macerie emerse un vigile del fuoco, lentamente, scavalcando pietra su pietra e portando in braccio, con grande cura, un fagottino recuperato che sembrava una bambola rotta e invece era un neonato morto. E la tragedia ci entrò dentro infame, terribile. Sapemmo dopo che quella bambola era Caterina, di appena un mese e mezzo. E dopo di lei emersero i corpi del padre, della madre e della sorellina.
Caterina diventa la più piccola vittima di mafia della storia italiana. Insieme a lei e Nadia muoiono papà Fabrizio (39 anni), mamma Angela (31 anni), lo studente Dario Capolicchio (22 anni). Ma la bomba provoca anche 41 feriti, sventra la torre dove ha sede l’Accademia, causa ingenti danni al museo degli Uffizi, a Palazzo Vecchio, alla chiesa di Santo Stefano, al Ponte Vecchio e alle abitazioni tutt’attorno. A ordinare la strage è Cosa Nostra.
Dopo Falcone e Borsellino la mafia colpisce ancora, senza fermarsi. Torna a uccidere e distruggere in una terribile escalation di morte e violenza ( il 14 maggio 1993 in via Fauro a Roma nei pressi del Teatro Parioli scoppia una bomba: l’obiettivo è Maurizio Costanzo. Due mesi dopo, il 27 luglio, un’altra bomba scoppia a Milano danneggiando la Galleria di Arte Moderna e d uccidendo altre cinque persone. Il giorno successivo altre due bombe a Roma davanti alla Basilica di San Giovanni in Laterano e alla Chiesa di San Giorgio al Velabro ).
Il giorno dei funerali delle vittime dell’Accademia, a pochi metri dal luogo della strage, davanti alla piccola chiesa trecentesca di San Carlo dei Lombardi, centinaia di persone trasformeranno via dei Calzaiuoli in un' enorme basilica a cielo aperto. “Impotenti come sempre di fronte alla barbarie”, si legge sul libro delle condoglianze. “Qui, in questa chiesa, domenica scorsa ho battezzato Caterina”, è il commento commosso di Don Paride, gli occhi rossi, la voce incrinata. Un compagno di Nadia legge una letterina: “Siamo tutti insieme, vicino a lei, così grande e straordinaria nella stupenda poesia che ci ha lasciato”.
“Il pomeriggio se ne va. - scriveva la bimba - Il tramonto si avvicina, un momento stupendo. Il sole sta andando via (a letto) È già sera, tutto è finito”. È già sera. Tutto è finito.