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Ci ha lasciati questa notte Aldo Tortorella, partigiano, giornalista, filosofo, parlamentare e dirigente comunista. Nato a Napoli il 10 luglio del 1926 Aldo trascorre la sua giovinezza tra Liguria e Lombardia. Nel 1943 - a 17 anni - prende a giugno la maturità scientifica e a settembre quella classica. “Eh, sì - dirà - ero un saputello. Però non è che studiassi e basta, c’era stato il 25 luglio, le manifestazioni di piazza. E poi l’8 settembre”
Responsabile degli studenti antifascisti con Gillo Pontecorvo, si trasferisce a Genova alla fine del 1944 dopo una rocambolesca evasione (travestito da donna: da infermiera, qualcuno giura da suora) dall’Ospedale militare milanese dove era detenuto.
Ricorderà a proposito della sua esperienza universitaria: “Entravo in un’aula a gradoni dell’università e lei (Rossana Rossanda, ndr) stava qualche gradino sopra circondata da alcune compagne di studio, tutte con espressione dolente. Era la primavera del ’44, mi dissero che aveva ricevuto la notizia della fucilazione da parte dei fascisti di Salò dello zio che l’aveva cresciuta, l’ammiraglio Mascherpa, reo di aver resistito ai tedeschi in un’isola dell’Egeo. Lei aveva 19 anni e io 17 ma mi consideravo un maturo comunista perché già facevo qualcosa nel Fronte della Gioventù (e dopo qualche mese andrò in carcere). Non avevo esperienza del dolore, solo le grida di una contadina che aveva perso un figlio in guerra. Ma per essere rimasto indelebile nella mente quel dolore trattenuto deve aver fatto subito di Rossana una eroina ai miei occhi”.
A Genova, con il nome di battaglia di Alessio, Tortorella riorganizza le fila del Fronte della Gioventù dirigendo la propaganda e la lotta armata nel capoluogo ligure. Il 25 aprile 1945, quando l'Unità - ormai non più clandestina - annuncia la Liberazione, a soli 19 anni ne è caporedattore dell’edizione ligure.
“Io avevo diciott’anni - racconterà - e non avevo mai visto una tipografia: ma Buranello e Fillak erano stati uccisi, altri erano stati deportati; ero uno dei pochi universitari, e dovevo andare. Così mi sono ritrovato caporedattore, a preparare quello che, avrei imparato dopo, era l’articolo di spalla (…) sono molto fiero di quell’esperienza: ci sentivamo rivoluzionari di professione, prima che giornalisti. Avevamo grandi ideali e cercavamo di metterli in quello che scrivevamo. Con grande rigore e curando anche la forma, la scrittura: non dimentichiamo che in certe zone d’Italia, sul l’Unità i contadini o gli operai imparavano a leggere”
Nel 1957, si trasferisce a Milano, dove subentra a Davide Lajolo nella direzione del giornale del Partito. Diventerà poi segretario della Federazione milanese del Pci e del Comitato regionale lombardo. Direttore nazionale de l'Unità dal 1970 al 1975, nel 1972 viene eletto per la prima volta deputato.
Confermato in questa carica fino al 1994, sarà responsabile della politica culturale del Pci durante la segreteria di Enrico Berlinguer e anche delle “Questioni dello Stato’ con Alessandro Natta, con il quale si opporrà - insieme a Pietro Ingrao - alla svolta della Bolognina di Achille Occhetto.
Fedele ai suoi ideali, Tortorella esce dal Partito nel 1998 quando, durante la guerra del Kosovo, il Governo D’Alema decide di appoggiare l’intervento della Nato.
Così lo descriveva Bruno Ugolini:
Un dirigente rigoroso con profonde istanze di rinnovamento, ma non disposto a lasciare il partito rischiando di essere confuso con “altra parte”. Apertura e disciplina, insomma. Caratteristiche formate fin dall’inizio della sua attività politica, quando partecipa alla Resistenza in Liguria e deve lasciare il combattimento nelle strade per dirigere l’Unità. Sono le tappe “avventurose”, della sua lunga esistenza. Come quando travestito da infermiera riesce a fuggire dalle carceri fasciste. Lo ritroviamo a Milano, nel palazzo dei giornali in piazza Cavour, dove lo ha conosciuto anche il sottoscritto, insieme a Clemente Azzini, Piero Campisi, Anna Maria Rodari. Poi eccolo accanto a Berlinguer nella segreteria del Pci dopo essere stato responsabile della sezione culturale. Anche qui nel segno dell’apertura in campo musicale con Luigi Nono e nel campo delle arti figurative, per movimenti che andavano oltre il neorealismo. Vince anche i dubbi del Pci nei confronti di Pasolini organizzando una commemorazione con la drammatica impresa del trasporto del feretro lungo le scale di un palazzo romano. La storia scorre fino alla svolta di Occhetto, con la convinzione che non servisse cambiare il nome, ma che bisognasse innovare i contenuti. Osserva così che la mozione del No, da lui redatta con altri, contenesse proposte ben più innovative rispetto alla mozione del Sì. Aldo Tortorella, comunque, finita quella grande storia non ha aderito a nessuna altra formazione politica, ha fondato un’associazione “per il rinnovamento della sinistra” (oggi guidata da Alfiero Grandi) e ha continuato a dirigere una rivista di grande qualità come Critica Marxista”.
“Abbiamo imparato a capire - scriveva qualche tempo fa su proprio Critica Marxista - che la volontà soggettiva non basta a cambiare il mondo, come pure credettero, allo scoppio della rivoluzione d’ottobre, i protagonisti della sinistra del movimento socialista, tra cui il nostro Gramsci. Ma questo non significa dismettere quella volontà trasformatrice e non significa abbandonare il pensiero critico da cui nasce l’analisi della società in cui viviamo e delle sue irrisolte e irrisolvibili antinomie”.
E ancora: “Pur nelle asperrime condizioni della galera e di una malattia implacabile Gramsci continuò a cercare e così creò nuovi strumenti di comprensione e di lotta ben oltre il soggettivismo giovanile, ma potette farlo perché sapeva che i valori per cui aveva impegnato la vita erano degni e giusti. Era stato sconfitto ma non domato. Credo che a questo ci richiami la rivoluzione d’ottobre oggi come ieri. Non lo studio di una tattica per il potere. Non il sostegno per appoggiarsi a qualcosa di già avvenuto. Il richiamo è all’ininterrotto bisogno del pensiero critico ai fini della lotta per la libertà e l’uguaglianza, per la giustizia e per la pace. Qui sta la vera spinta propulsiva nel tempo presente”.
Anche per questo grazie, Aldo.