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Milano in questi giorni è una città sospesa. La sua vitalità, la sua frenesia sono state messe in pausa, non solo dai provvedimenti restrittivi che l'hanno svuotata, come tante altre città italiane, ma soprattutto dall'attesa del peggio. Il capoluogo lombardo, infatti, nonostante il forte incremento degli ultimi giorni, non ha ancora avuto il picco di contagi. I suoi numeri non sono ancora paragonabili a quelli di altre province lombarde, molto meno popolose, come Lodi, Brescia o Bergamo. Ma il timore, qualcosa di più in realtà, è che l'onda alta dell'epidemia possa presto investire l'area metropolitana (3 milioni di abitanti), con tutte le conseguenze facilmente immaginabili. “In questi giorni mi trovo spesso a ripetere che il virus non guarda le targhe delle macchine, non guarda i confini delle province, quando arriva arriva”, ci dice Massimo Bonini, segretario della Cgil di Milano. Con lui, ancora in quarantena insieme a una cinquantina di dirigenti della Camera del lavoro, cerchiamo di capire meglio la situazione della città simbolo di questa emergenza.
Segretario, prima di tutto come stai e come sta la Cgil di Milano?
Io sto bene grazie, ancora in isolamento, ma bene. E tutto sommato stanno bene anche le altre compagne e compagni, compresi quelli che hanno contratto il virus. Nessuno è stato ospedalizzato e sono tutti in ripresa. Naturalmente, permane la situazione di emergenza che ci ha portato a chiudere fisicamente la sede, ma la nostra attività non si è mai fermata. Abbiamo messo in piedi una Camera del lavoro virtuale per dare risposte alle persone e il nostro numero unico (02550251) è molto utilizzato e apprezzato. Poi ci sono naturalmente anche compagne e compagni che continuano a girare nei vari territori, dove le nostre sedi sono ancora aperte, e a loro va un grande ringraziamento per quello che stanno facendo.
Qual è invece la situazione nei luoghi di lavoro dove si continua l'attività? Che riscontri avete sull'applicazione del protocollo sindacati-imprese?
Nelle realtà in cui siamo presenti come sindacato il protocollo viene applicato o comunque sono in atto confronti con le aziende. In alcuni casi abbiamo anche fermato l'attività sfruttando gli ammortizzatori previsti e sui controlli abbiamo una straordinaria collaborazione con il prefetto di Milano, Renato Saccone, che si è fatto carico di ricevere tutte le segnalazioni di inadeguatezza. La grande preoccupazione, invece, è per i luoghi di lavoro nei quali non siamo presenti. È da qui che arrivano molte chiamate al nostro numero unico, ma intervenire senza una rappresentanza interna non è facile, anche perché i nostri Rlst (i rappresentanti territoriali dei lavoratori per la sicurezza, ndr) in molti casi sono bloccati in quarantena. C'è poi un pezzo importante di mondo del lavoro, molto milanese, fatto di partite Iva individuali e terziario avanzato, che è difficile intercettare.
Segretario, una settimana fa parlavi di troppa “timidezza” nell'affrontare la situazione. Oggi invece che giudizio dai?
Sicuramente il protocollo sindacati-imprese ha dato una grande mano per portare più tranquillità e cercare di gestire una situazione che nei luoghi di lavoro rischiava di sfuggirci di mano, perché le tensioni nell'ultimo fine settimana erano altissime. Poi, è chiaro che restano molte criticità, in particolare nella grande distribuzione, nella logistica e naturalmente nella sanità, tre settori che vanno curati con particolare attenzione, anche perché costituiscono punti di contatto diretto con la cittadinanza.
Hai citato la sanità, che in Lombardia è arrivata a livelli di pressione e stress senza precedenti. Voi che avete un filo diretto con lavoratrici e lavoratori che sono in prima linea, che riscontri avete in questi giorni?
Purtroppo iniziano a non stare bene. Sono in trincea ormai da settimane, non dimentichiamocelo. Fanno turni massacranti, sono sotto stress, devono gestire non solo i pazienti, ma anche i parenti, che non possono avere avere contatti con loro. Stiamo assistendo in questa emergenza a gesti di estrema umanità e solidarietà. Che poi, c'è un carico di paura e preoccupazione personale che queste lavoratrici e lavoratori si portano a casa, quando possono tornarci, perché lì ci sono i loro familiari da proteggere. Di quello che possiamo fare per queste lavoratrici e per questi lavoratori stiamo stiamo discutendo da giorni con il sindaco Sala. Purtroppo, sono in atto strumentalizzazioni politiche, la Regione Veneto parla del tampone per tutta la popolazione, la Regione Lombardia sta mobilitando ingenti risorse per creare un polo ospedaliero in Fiera, ma poi chi andrà a lavorarci? Noi diciamo una cosa molto più semplice e realistica: vanno fatti i tamponi agli addetti della sanità, dobbiamo proteggere loro per proteggere tutti. Perché se li perdiamo, il sistema crolla come un castello di carte.