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“I dati sul fatturato dell’industria italiana confermano come gli effetti della pandemia si stiano ancora riverberando sulle attività industriali del Paese, che permangono in una situazione di oggettiva difficoltà”. Così commentano i dati diffusi oggi dall’Istat il segretario confederale della Cgil, Emilio Miceli, e il coordinatore della Consulta industriale della Confederazione, Fausto Durante.
“Se, da una parte, è positivo Il dato di gennaio 2021 con un +2,5% rispetto a dicembre 2020, d’altra parte, procedendo alla destagionalizzazione e tenendo conto del fatto che il gennaio di quest’anno ha avuto due giorni lavorativi in più rispetto al gennaio 2020, il risultato complessivo, anno su anno, registra purtroppo un -1,6%”, spiegano.
A parere dei due sindacalisti, i dati confermano, nell’insieme, che “rimane estremamente preoccupante la situazione nei settori del tessile-abbigliamento, dei prodotti della raffinazione del petrolio, dei mezzi di trasporto, che fanno registrare cali sensibili nel raffronto con il gennaio 2020, mentre gli altri comparti dell’industria hanno prevalentemente un segno positivo, specie per quanto riguarda i settori legati alla produzione di macchine utensili, beni strumentali e attrezzature industriali, apparecchiature elettriche ed elettroniche”.
Si tratta di settori che, per la Cgil, “sembrano agganciare i timidi tratti di ripresa dell’industria europea e che vanno quindi supportati dalle politiche e dalle decisioni del governo, chiamato -è la loro sollecitazione- ad interventi rapidi ed efficaci sui settori che continuano ad attraversare una congiuntura negativa”.
“Non più rinviabile - a parere di Miceli e Durante - è oramai un’iniziativa del governo su Stellantis, per ottenere un quadro di informazioni e di garanzie sulle prospettive produttive ed occupazionali degli stabilimenti italiani della ex Fiat e per controbilanciare la presenza del governo francese tra gli azionisti del gruppo nato dalla fusione di Fca e Psa”.
Ma per i due sindacalisti “vanno al contempo affrontate le situazioni di crisi dell’industria tessile, a partire da marchi storici come Corneliani, e vanno richiamate le responsabilità delle aziende nazionali attive nel campo dell’energia e della raffinazione, alla luce dei dati non incoraggianti del fatturato in questi settori”.
Il quadro generale che emerge dai dati dell’Istat “rende perciò evidente quanto sia necessario definire una strategia di politica industriale per il rilancio del Paese e che il Ministero dello Sviluppo Economico attivi il prima possibile la struttura dedicata alle crisi industriali e alla loro soluzione. Ogni ritardo -concludono i due dirigenti Cgil- a questo proposito sarebbe ingiustificato”.