Uno scontro duro e scandaloso, quello “pilotato” dalla premier Giorgia Meloni in Parlamento tirando in mezzo un testo sacro delle radici politiche europee. Citando e oltraggiando il Manifesto di Ventotene durante il dibattito alla Camera, la premier ha infatti scatenato forti tensioni. L’opposizione ha reagito duramente, accusando la presidente del Consiglio di travisare il significato storico e politico del testo fondativo dell’idea di un’Europa unita e antifascista.

Meloni: “Non è la mia Europa”

"Non so se questa è la vostra Europa, ma certamente non è la mia...". Così Meloni, alla Camera, ha concluso la sua replica dopo la discussione sulle sue comunicazioni in vista del Consiglio Ue, citando alcuni passaggi del Manifesto di Ventotene. "Non mi è chiarissima la vostra idea di Europa, perché nella manifestazione di sabato a piazza del Popolo e anche in quest'Aula è stato richiamato da moltissimi partecipanti il Manifesto di Ventotene: spero non l'abbiano mai letto, perché l'alternativa sarebbe spaventosa", ha affermato prima di citare alcuni passi del testo.

Cgil: “Parole estremamente gravi"

“Le parole di scherno della presidente del Consiglio Giorgia Meloni sul Manifesto di Ventotene sono estremamente gravi. Ce le sentiremo rinfacciare ovunque, in Europa e nel mondo. Dovremo continuamente condannarle, prenderne le distanze, ribadire che l’Italia è quel Paese che ha dato la vita delle sue figlie e dei suoi figli migliori proprio per scriverlo, quel Manifesto: la base dell’Europa di pace, di libertà, di diritti, di solidarietà tra popoli diversi e di giustizia nel mondo del lavoro”. Così la Cgil nazionale in una nota.

“Quelle parole – prosegue la Confederazione – salvano dunque le azioni del regime dittatoriale fascista e condannano, invece, le cittadine e i cittadini, esponenti della cultura, della politica, della società civile, incarcerati e confinati da quello stesso regime. È sconcertante”.

“Per sfuggire e distogliere l’attenzione dalle evidenti difficoltà e contraddizioni presenti nella sua stessa maggioranza di governo proprio sul ruolo e sul profilo dell’Europa in questi drammatici momenti – si legge ancora nella nota – la presidente del Consiglio abiura il testo che ha gettato le basi per un’Europa di pace e democrazia. Un testo riconosciuto come tale da ogni istituzione europea. Chiunque ha a cuore il ruolo e l’immagine del nostro Paese non meritava tutto questo”, conclude la Cgil.

Anpi: le radici politiche di Meloni sono evidenti

Tra le voci più critiche, anche quella dell’Anpi (Associazione nazionale partigiani d’Italia), che ha risposto con una nota firmata dal presidente Gianfranco Pagliarulo: "Ventotene è il Manifesto dell’Europa della libertà, della pace, del lavoro, dell’eguaglianza sociale, contro ogni nazionalismo. Sappiamo bene che non è l’Europa della Meloni. Infatti, è la nostra idea d’Europa. È l’Europa degli antifascisti”.

L’Anpi ha sottolineato come sia inaccettabile la posizione della premier, ricordando che il Manifesto di Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni fu scritto da antifascisti confinati dal regime. “Come può Giorgia Meloni condividere le idee di chi fu mandato al confino dal regime fascista di cui fece parte quell’Almirante che tanto l’ha ispirata?” ha aggiunto Pagliarulo, tracciando un collegamento tra le radici politiche della premier e il passato del Msi. “Non permetteremo che il significato di Ventotene venga distorto per fini politici. La storia è chiara: l’Europa democratica e antifascista è nata anche grazie a quel Manifesto. E noi continueremo a difenderla”, conclude Pagliarulo.

Alta tensione in Aula: proteste e seduta sospesa

Le parole di Meloni hanno scatenato proteste immediate dai banchi dell’opposizione. Deputati di Pd, M5S, AVS e Azione hanno accusato la premier di offendere la memoria storica italiana. "Questo Paese, questa democrazia, questa Costituzione è nata anche a Ventotene. Dileggiare chi ha salvato la nostra patria è inaccettabile" ha dichiarato Marco Grimaldi (AVS), mentre Federico Fornaro (Pd) ha ricordato che il Manifesto non è un “inno alla dittatura del proletariato, ma alla federazione europea contro i nazionalismi”.

Lo scontro è degenerato in Aula, con fischi e urla contro la premier, applausi dai banchi della maggioranza e il presidente della Camera Lorenzo Fontana costretto a sospendere la seduta per ristabilire l’ordine.