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La strage di Marzabotto (dal maggiore dei comuni colpiti) o più correttamente eccidio di Monte Sole fu un insieme di stragi compiute dalle truppe nazifasciste in Italia tra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944, nel territorio dei comuni di Marzabotto, Grizzana Morandi e Monzuno che comprendono le pendici di Monte Sole in provincia di Bologna. Tutto ha inizio la mattina del 29 settembre.
“Prima di muovere all’attacco dei partigiani - riporta il sito dell’Anpi Emilia Romagna - quattro reparti delle truppe naziste, comprendenti sia SS che soldati della Wehrmacht, accerchiarono e rastrellarono una vasta area di territorio compresa tra le valli del Setta e del Reno, utilizzando anche armamenti pesanti. 'Quindi - ricorda lo scrittore bolognese Federico Zardi - dalle frazioni di Panico, di Vado, di Quercia, di Grizzana, di Pioppe di Salvaro e della periferia del capoluogo le truppe si mossero all’assalto delle abitazioni, delle cascine, delle scuole', e fecero terra bruciata di tutto e di tutti. Nella frazione di Casaglia di Monte Sole, la popolazione atterrita si rifugiò nella chiesa di Santa Maria Assunta, raccogliendosi in preghiera. Irruppero i tedeschi, uccidendo con una raffica di mitragliatrice il sacerdote, don Ubaldo Marchioni, e tre anziani. Le altre persone, raccolte nel cimitero, furono mitragliate: 195 vittime, di 28 famiglie diverse tra le quali 50 bambini. Fu l’inizio della strage. Ogni località, ogni frazione, ogni casolare fu setacciato dai soldati nazisti e non fu risparmiato nessuno”.
Gli eccidi compiuti durante l’estate-autunno del 1944 causeranno complessivamente la morte accertata di 955 persone: in particolare nella strage del 29 settembre - 5 ottobre 1944 saranno comprovate 775 morti. Lo scopo dei nazisti agli ordini del feldmaresciallo Albert Kesselring era fare terra bruciata attorno alle formazioni partigiane nelle retrovie della linea gotica sterminando le popolazioni che le appoggiavano.
Il 25 settembre 1949 il Presidente della Repubblica Italiana Luigi Einaudi conferiva a Marzabotto la Medaglia d’Oro al Valore Militare, per il sacrificio dei suoi abitanti nella lotta di liberazione. Il testo della medaglia indica 1830 caduti, come dato complessivo degli uccisi dai nazifascisti in un territorio più ampio di quello comunale (fra Monte Venere, nel comune di Monzuno e Monte Sole, nel comune di Marzabotto), dall’8 settembre 1943 al 1° novembre 1944.
“Incassata fra le scoscese rupi e le verdi boscaglie dell’antica terra etrusca - si legge nella motivazione - Marzabotto preferì ferro, fuoco e distruzioni piuttosto che cedere all’oppressore. Per quattordici mesi sopportò la dura prepotenza delle orde teutoniche che non riuscirono a debellare la fierezza dei suoi figli arroccati sulle aspre vette di Monte Venere e di Monte Sole sorretti dall’amore e dall’incitamento dei vecchi, delle donne e dei fanciulli. Gli spietati massacri degli inermi giovanetti, delle fiorenti spose e dei genitori cadenti non la domarono ed i suoi 1830 morti riposano sui monti e nelle valli a perenne monito alle future generazioni di quanto possa l’amore per la Patria”.
“Lo sterminio degli innocenti che le SS compirono 76 anni or sono nelle terre attorno a Monte Sole - diceva lo scorso anno il presidente della Repubblica Sergio Mattarella - ha impresso un segno così profondo e doloroso nella storia del popolo italiano che nulla e nessuno potrà mai cancellare. La Repubblica si inchina alla memoria di centinaia di donne e uomini, di bimbi e anziani, barbaramente uccisi secondo una logica di annientamento che travalicava persino gli orrori della guerra combattuta”.
In quelle terre, ricordava Mattarella, “sono piantate radici robuste della nostra Costituzione repubblicana, le quali alimentano i principi di convivenza, di libertà, di uguaglianza tra le persone, di giustizia sociale, da decenni patrimonio della comunità nazionale e motore del nostro modello civile. Al tempo stesso, quelle radici portano linfa alla comune casa europea, all’Europa unita nelle diversità, ma anche nella civiltà dei diritti inviolabili della persona, nella cooperazione, nella solidarietà, che deve sempre prevalere sui rigurgiti di egoismo. 800 morti, la più grande strage nazifascista in Italia. Un immane sterminio di donne, uomini, bambini e anziani. Una ferita che mai dimenticheremo. La memoria dovrà sempre guidarci per contrastare il neofascismo e l’odio”.
Nell’estate del 1994, Antonino Intelisano, procuratore militare di Roma, cercando documentazione su Priebke e Karl Hass scopre casualmente in uno scantinato della procura militare un armadio (l’armadio della vergogna) contenente 695 fascicoli “archiviati provvisoriamente”, riguardanti crimini di guerra commessi da tedeschi e repubblichini.
Tra questi viene trovata anche della documentazione relativa alle stragi di Monte Sole, per le quali viene riaperta un’inchiesta che porterà a individuare alcuni dei responsabili. Nel 2006 ha inizio il processo contro 17 imputati, tutti ufficiali e sottufficiali della 16ima SS-Freiwilligen-Panzergrenadier-Division Reichsführer SS.
Il 13 gennaio 2007 il Tribunale Militare di La Spezia condanna all’ergastolo dieci imputati ritenuti colpevoli di violenza pluriaggravata e continuata con omicidio.