“La versione ridotta della Decontribuzione Sud, inserita nella manovra, sembra il tentativo di mettere una pezza su un ulteriore taglio al Sud destinato a determinare una catastrofe sociale con una perdita rilevante di posti di lavoro”. È durissimo il giudizio di Alfio Mannino, segretario generale della Cgil Sicilia, sulla misura presente in manovra.

Alfio Mannino: “Puro cinismo del governo che propone una versione edulcorata della misura con un taglio di 750 milioni di euro”

“Piuttosto che di ‘attenzione’ o ‘sensibilità’ del governo – scrive il dirigente sindacale – parlerei di puro cinismo. La misura ha avuto esiti positivi e andava difesa, sostenuta e resa strutturale. Dal governo regionale al cospetto di quello nazionale e dall’esecutivo in carica di fronte all’Unione europea. Non è accaduto niente di tutto questo, nonostante le nostre proteste lo sciopero. Ora viene proposta una versione edulcorata della decontribuzione, che per la Sicilia vale di fatto un taglio di 750 milioni rispetto alla versione precedente”.

Calcolatrice alla mano, si passa da uno stanziamento di un miliardo e 100 milioni ad appena 350 milioni, è la denuncia che arriva dalla Cgil regionale. E le motivazioni addotte, secondo il sindacato, non reggono. “Delle due l’una – scrive Mannino nella nota –: o lo stop dell’Ue non c’è, oppure ci sarà anche questa volta. Non risulta infatti che il governo abbia negoziato alcunché, sembra invece evidente che l’esecutivo abbia utilizzato il richiamo come alibi per sottrarre al Mezzogiorno ancora risorse. Sarebbe lungimirante attenzione alla Sicilia, come dice il presidente della Regione? Direi che è cinismo e puro calcolo politico. Un tentativo del governo di bloccare le polemiche, con un pannicello caldo, incidendo negativamente su una misura che ha prodotto risultati”.

Entrando negli aspetti tecnici della nuova misura, il segretario generale dell’organizzazione spiega che di fatto “si porta la decontribuzione al 25% e poi al 20% e viene introdotto il tetto di 145 euro al mese di sgravio, evidentemente troppo basso. Se consideriamo uno stipendio lordo di 1.500/1.600 euro al mese (al netto 1.100/1.200 euro), in rapporto al quale la contribuzione sarebbe di almeno 600 euro, lo sgravio sarebbe inferiore al 20%, che per uno stipendio lordo di 1.800 euro (1.400 netto) scende al 15%. Escludere dall’incentivo le imprese con più di 250 dipendenti è un altro limite per i grandi player che vogliano investire in Sicilia e dei quali la nostra regione ha bisogno per condurre in porto i grandi processi di transizione e di trasformazione industriale e dell’intero apparato produttivo”.

Dulcis in fundo – ragiona con amarezza Alfio Mannino – le risorse non verrebbero prese dalla finanza generale ma dal fondo di sviluppo e coesione. Insomma, tagliano la coperta da un lato per mettere una toppa dall’altro. Sarebbe questa la politica per il Mezzogiorno e per il rilancio dell’occupazione? Ricordare l’elenco dei tagli o delle risorse dirottate altrove o su interventi bandiera è diventato un mantra che neanche appassiona più. Si alza piuttosto il livello dell’allarme per come pervicacemente il governo porti avanti la sua politica contro il Mezzogiorno, la Sicilia e i siciliani, rispondendo a interessi altri per puro calcolo politico”.

“Quello che fa più specie è il comportamento del presidente della regione, perfettamente allineato a questa impostazione politica, come se la cosa non riguardasse la Sicilia. Ci si aspetterebbe che fosse il primo a fare le barricate invece o tace, per come ha fatto con l’autonomia differenziata, salvo poi quando va male cercare improbabili distinguo, e con i ripetuti tagli, oppure plaude di fronte all’incredibile in questo caso. La sensazione di essere nelle mani di nessuno si fa sempre più forte. E, presidente, la si smetta di fare politica sulla pelle dei siciliani che vogliono potere immaginare e costruire un futuro diverso nella propria terra”, conclude Mannino.