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“Il progetto del governo di modificare il Codice degli appalti, allentando i controlli e permettendo l'utilizzo sistematico del massimo ribasso, aprirebbe praterie immense a corruzione e infiltrazioni mafiose a scapito delle imprese sane e della legalità nel lavoro”. Così il segretario confederale della Cgil Giuseppe Massafra, in merito alla doppia inchiesta della Direzione distrettuale antimafia (Dda) di Milano che martedì 7 maggio in Lombardia ha portato a 43 ordinanze di custodia cautelare (di cui 12 in carcere) e a 95 indagati, fra esponenti politici, imprenditori e funzionari pubblici, con accuse di corruzione e di legami con la 'ndrangheta nell'ambito di un sistema diffuso di appalti truccati.
“Bastano le parole del Procuratore per rendere evidente quanto da tempo sosteniamo. L'inchiesta fa emergere, infatti, come gli imprenditori si dividessero i lotti, pianificando con offerte reciproche al ribasso, e spartendosi così le gare”, prosegue Massafra. Nella conferenza stampa della Dda milanese, infatti, è stato detto che “quello che emerge è che gli imprenditori tendenzialmente si spartiscono i lotti: si mettono d'accordo, cercano di ottenere informazioni da insider interni a società pubbliche per sapere chi sono gli altri partecipanti alle gare e quando c'è la possibilità di dividersi i lotti, pianificano con offerte al ribasso reciproche per potersi spartire le gare”. Al governo, conclude il segretario confederale Giuseppe Massafra, ribadiamo “che è necessario fermarsi, perché lo ‘sblocca cantieri’, così com'è stato concepito, rappresenta una minaccia concreta per la legalità e per la crescita del nostro Paese”.
A puntare l’indice contro le gare al massimo ribasso è anche la Fillea Cgil. “Quante indagini, quante richieste di arresto, quanti rapporti e studi dall'Anac alla Direzione antimafia servono per far capire al governo che per sbloccare gli appalti serve più efficienza, maggiore qualificazione delle stazioni appaltanti, più personale tecnico, più politiche industriali, più separazione tra chi progetta, esegue e collauda?”, si chiede polemicamente il segretario generale Alessandro Genovesi, evidenziando come “tutte le norme volte a liberalizzare il subappalto, a moltiplicare le stazioni appaltanti, a permettere il ritorno ai ‘cartelli’ in fase di gara, ad aumentare gli importi per gli affidamenti diretti o tornare al massimo ribasso, sono ghiotti incentivi alla minore trasparenza e alla corruzione”.
Ma è l’intero decreto ‘sblocca cantieri’ che non va. “Invece di qualificare la domanda pubblica e i meccanismi di aggiudicazione per premiare le aziende più serie, che rispettano le leggi e i contratti, che investono per avere in casa professionalità e competenze, e rappresentano la stragrande maggioranza del sistema produttivo italiano, si sta andando nella direzione opposta”, prosegue Genovesi: “Lo ‘sblocca cantieri’ aumenterà la discrezionalità delle stazioni appaltanti, permetterà solo a chi ha tanta liquidità di offrire ribassi enormi, ridurrà la trasparenza nella catena degli appalti, con tutto ciò che questo vuol dire in termini di minore sicurezza, mancato rispetto dei contratti, infiltrazioni criminali”. Per Alessandro Genovesi, dunque, l’Italia “ha bisogno di uno ‘sblocca lavoro’ o, se vogliamo, di uno ‘sblocca imprese serie’, non di questo ‘sblocca porcate’. Noi vogliamo aprire tanti cantieri che servano al Paese, ai lavoratori e non ai corrotti o ai mafiosi”.