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La fotografia rilasciata dall’Ispra (l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) nel Rapporto 2019 Snpa (il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente) "è disastrosa". Lo dichiara in una nota la Flai Cgil nazionale. Secondo la federazione dell'agroindustria, "l’Italia viene rappresentata come un paese che consuma se stesso in una tendenza decennale apparentemente inesorabile. Il nostro Paese di fronte ai temi ambientali e al consumo del suolo appare totalmente disinteressato e addirittura in controtendenza rispetto alle scelte della comunità internazionale che, proprio in questi giorni, si riunirà presso la sede delle Nazioni Unite per parlare di temi ambientali e dei rischi che il nostro pianeta sta correndo”.
“La risposta che il nostro Paese dà a una necessità globale è quella di continuare a cementificare, iniziando, così come verificato anche dai precedenti rapporti, ad attaccare le aree protette e di rilievo paesaggistico oltre a continuare a occupare aree la cui pericolosità idrogeologica o sismica è conosciuta da tempo. Il consumo del suolo ci sta portando ad un deserto di cemento che mette a rischio la nostra sicurezza e la tenuta ambientale del Paese. L’impermeabilizzazione del suolo, che procede ad una velocità mostruosa, sta annullando qualsiasi possibilità di ulteriore sviluppo del territorio e causando l’aumento del rischio idrogeologico, la perdita di acqua nelle nostre falde, la diminuzione del valore ambientale del nostro paese e la perdita di superficie agricola. Nell’ultimo anno è stimato che il danno creato dalla cementificazione possa sfiorare i 3 mld di euro".
“Come Flai Cgil – prosegue la nota - riteniamo impensabile che non si sblocchino immediatamente i procedimenti legislativi, da anni arenati nelle aule parlamentari, utili a bloccare e regolare questa tendenza al disastro e all’autodistruzione. Inoltre, chiediamo venga pianificata una politica di bonifica e rigenerazione delle aree compromesse con un piano ambientale straordinario per riqualificare il potenziale ambientale italiano, abbattere il rischio idrogeologico, riavviare il fissaggio del carbonio nelle nostre terre e favorire la raccolta delle acque piovane, affinché anche i territori e i paesaggi lesionati possano esprimere a pieno le proprie potenzialità”.
“Per questo – conclude la Flai Cgil - è urgente che l’Ispra non abbia più un semplice ruolo di notifica dei danni e denuncia dei rischi, ma, così come previsto dalla legge, inizi ad avere una funzione attiva sulle scelte nazionali e territoriali, così da agevolare l’azione dei soggetti istituzionali contro le tragedie annunciate con tutti i numerosi strumenti normativi a loro disposizione”.
I dati del rapporto
Si passeggerà a piedi nudi nel cemento e sempre di meno nelle aree verdi cittadine: aumenta lo spreco di suolo soprattutto all’interno delle città italiane. In particolare nelle aree urbane ad alta densità solo nel 2018 abbiamo perso 24 metri quadrati per ogni ettaro di area verde. In totale, quasi la metà della perdita di suolo nazionale dell’ultimo anno si concentra nelle aree urbane, il 15% in quelle centrali e semicentrali, il 32% nelle fasce periferiche e meno dense. La cementificazione avanza senza sosta soprattutto nelle aree già molto compromesse: il valore è 10 volte maggiore rispetto alle zone meno consumate. A Roma, ad esempio, il consumo cancella, in un solo anno, 57 ettari di aree verdi della città (su 75 ettari di consumo totale). Record a Milano dove la totalità del consumo di suolo spazza via 11 ettari di aree verdi (su un totale di 11,5 ettari). In controtendenza Torino che inverte la rotta e inizia a recuperare terreno (7 ettari di suolo riconquistati nel 2018).
Il fenomeno non procede di pari passo con la crescita demografica: ogni abitante italiano ha in “carico” oltre 380 metri quadri di superfici occupate da cemento, asfalto o altri materiali artificiali, un valore che cresce di quasi 2 metri quadrati ogni anno, con la popolazione che, al contrario, diminuisce sempre di più. È come se, nell’ultimo anno, avessimo costruito 456 metri quadri per ogni abitante in meno.
A livello generale lo screening del territorio italiano assicurato dal Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente segna in rosso altri 51 chilometri quadrati di superficie artificiale solo nel 2018, in media 14 ettari al giorno, al ritmo di 2 metri quadrati ogni secondo. Anche se la velocità sembra essersi stabilizzata è ancora molto lontana dagli obiettivi europei che prevedono l’azzeramento del consumo di suolo netto (il bilancio tra consumo di suolo e l’aumento di superfici naturali attraverso interventi di demolizione, deimpermeabilizzazione e rinaturalizzazione). Roma, con un incremento di superficie artificiale di quasi 75 ettari, è il comune italiano con la maggiore trasformazione, seguito da Verona (33 ettari), L’ Aquila(29), Olbia (25), Foggia (23), Alessandria (21), Venezia(19) e Bari (18), tra i comuni con popolazione maggiore di 50 mila abitanti. Tra i comuni più piccoli, si distingue Nogarole Rocca, in provincia di Verona, che ha sfiorato i 45 ettari di incremento.
Più della metà delle trasformazioni dell’ultimo anno si devono ai cantieri (2.846 ettari), in gran parte per la realizzazione di nuovi edifici e infrastrutture e quindi destinati a trasformarsi in nuovo consumo permanente e irreversibile. Il Veneto è la regione con gli incrementi maggiori +923 ettari, seguita da Lombardia +633 ettari, Puglia +425 ettari, Emilia-Romagna +381 ettari e Sicilia +302 ettari. Rapportato alla popolazione residente, il valore più alto si riscontra in Basilicata (+2,80 m2/ab), Abruzzo (+2,15 m2/ab), Friuli-Venezia Giulia (+1,96 m2/ab) e Veneto (+1,88 m2/ab).
Ma il consumo di suolo – non necessariamente abusivo -cresce anche nelle aree protette (+108 ettari nell’ultimo anno), nelle aree vincolate per la tutela paesaggistica(+1074 ettari), in quelle a pericolosità idraulica media (+673 ettari) e da frana (+350 ettari) e nelle zone a pericolosità sismica (+1803 ettari).
Negli ultimi sei anni secondo le prime stime l’Italia ha perso superfici che erano in grado di produrre tre milioni di quintali di prodotti agricoli e ventimila quintali di prodotti legnosi, nonché di assicurare lo stoccaggio di due milioni di tonnellate di carbonio e l’infiltrazione di oltre 250 milioni di metri cubi di acqua di pioggia che ora, scorrendo in superficie, non sono più disponibili per la ricarica delle falde aggravando la pericolosità idraulica dei nostri territori. Il recente consumo di suolo produce anche un danno economico potenziale compreso tra i 2 e i 3 miliardi di euro all’anno dovuti alla perdita dei servizi ecosistemici del suolo.