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Era il 13 settembre del 2016: in Sala Santi della Cgil nazionale nasceva il premio come riconoscimento alla memoria del dirigente della Cgil e politico Pio La Torre, promosso dalla Confederazione di Corso d’Italia, dalla Federazione Nazionale della Stampa e da Avviso Pubblico. A tenere a battesimo la prima edizione c’erano tra gli altri Franco Roberti, allora Procuratore nazionale antimafia, Rosy Bindi, presidente della Commissione parlamentare antimafia, Roberto Montà presidente di Avviso Pubblico, Vito Lo Monaco, del Centro Studi Pio La Torre.
Il 13 settembre: data non scelta a caso. È infatti quella della promulgazione in Gazzetta Ufficiale della legge voluta da Pio La Torre che ha introdotto per la prima volta il reato di associazione di tipo mafioso, inserendo un apposito articolo, il 416 bis nel titolo V del Codice Penale, che quest’anno compie 40 anni. E che, seguendo l’intuizione del dirigente sindacale che consigliava di “seguire i piccioli”, ha reso possibile il sequestro e la confisca dei patrimoni dei mafiosi. In questi quattro decenni molte cose sono successe. Quello che invece non è "accaduto", è la sconfitta definitiva di Cosa Nostra e delle altre mafie, benché siano stati inferti loro colpi rilevantissimi. Occorre continuare pervicacemente a costruire la cultura della legalità quotidianamente. È questo lo scopo del premio Pio La Torre: “sottolineare” l’impegno di chi della costruzione di legalità fa la propria attività ogni giorno.
“La mafia nega il lavoro, nega il diritto a fare impresa, lede l’articolo 21 della Costituzione e quindi il diritto a fare informazione. Ecco il senso di questo riconoscimento: premiare l’impegno del servizio pubblico nel fare informazione, del servizio pubblico di chi amministra i territori e quello in difesa dei diritti dei lavoratori, evidenziare come nella società civile e nel mondo delle professioni che rappresentiamo vi siano persone, sindacalisti, giornalisti, amministratori locali che con passione, coraggio e competenza esercitano questa azione. Sono loro i nostri anticorpi contro l’illegalità che vanno coltivati, sostenuti e riconosciuti”. Queste le parole pronunciate da Franco La Torre, figlio di Pio, in apertura della cerimonia di premiazione.
Rosy Bindi oggi presidente della giuria, ha affermato: “Noi non premiamo degli eroi ma premiamo persone che nel proprio ambito fanno quotidianamente il proprio lavoro: giornalisti che informano, sindacalisti che difendono il diritto al lavoro, amministratori che si prendono cura della cosa pubblica”.
Chi sono i premiati e perché? Lo scopriamo attraverso le motivazioni dei riconoscimenti.
Rosita Galdiero
“L'impegno di Rosita Galdiero per la legalità e la giustizia sociale nasce da un evento drammatico: la morte del giovane padre sul lavoro. Il dolore improvviso e lancinante viene immediatamente trasformato da Rosita in impegno. Innanzitutto, culturale. Allo studio, la giovane studentessa unisce l'impegno sindacale fondando l'Udu. Studiare alacremente e praticare la cittadinanza attiva e responsabile diventano la cifra della sua esistenza. Entrata giovane nella Cgil, grazie al suo impegno e alle sue battaglie, raggiunge meritamente i livelli nazionali del Sindacato. Il suo operare concreto per la legalità e la giustizia sociale si traduce nel denunciare situazioni di illegalità e di criminalità che permeano il territorio e diverse istituzioni del beneventano nei settori degli appalti, dei subappalti e della gestione degli immigrati. Più volte minacciata, da tempo vive sotto scorta. Nonostante le minacce ha continuato a denunciare e a testimoniare nei processi in cui è stata chiamata a deporre. Esempio di coerenza, coraggio e responsabilità civile praticate e non solo declamate”.
“Gianluca Virchio è giovane sindaco del Comune di Cellamare, piccolo comune in provincia di Bari, è allo stesso tempo infermiere di servizio sulle ambulanze. Si è distinto per il suo impegno quotidiano a favore della comunità e della cosa pubblica, in particolare per essersi schierato apertamente contro i clan del territorio e per non essersi fatto intimidire dalle diverse minacce mafiose ricevute. La storia di Gianluca Vurchio è quella di un sindaco due volte in prima linea: contro la criminalità organizzata e contro il Covid-19. Quello di Gianluca Vurchio, sin dal suo insediamento, è stato un percorso amministrativo turbolento, che si intreccia con la capacità dei clan di infiltrarsi nell’economia e di cavalcare la crisi sociale che ha determinato. I vili e ripetuti atti intimidatori, contro le strutture comunali, la sua persona e altri rappresentanti della sua amministrazione, esercitati anche con l’impiego di ordigni esplosivi, non hanno fermato la sua determinazione nell’essere in prima linea per garantire trasparenza, giustizia sociale, per favorire la partecipazione civile e sociale alla vita della comunità”.
“Parafrasando una frase di Antonino Caponnetto potremmo dire che le mafie temono di più la parola che la giustizia. E Mimmo Rubio, giornalista di lunga esperienza, ha testimoniato quanto tale affermazione sia vera. Da anni, Rubio racconta come la camorra sia entrata nella vita di Arzano, come campano di 33mila abitanti, sciolto tre volte per infiltrazione mafiosa. Nei provvedimenti di scioglimento sono riportate le sue inchieste giornalistiche. Per questa attività è divenuto bersaglio della criminalità organizzata, che su quel territorio ha minacciato pesantemente anche Biagio Chiariello (comandante della polizia municipale) e il parroco, don Maurizio Patriciello. Le minacce nei confronti di Rubio sono state esercitate anche con l’impiego di ordigni esplosivi. A fine agosto di quest’anno, come riportato dalle cronache, Rubio è stato minacciato da un pregiudicato incurante della presenza della polizia che scorta il giornalista dal 2020. La storia di Rubio è quella di un uomo coraggioso e responsabile, che decide di restare e di raccontare una realtà non facile, per difendere la libertà di stampa, per creare coscienza sociale, per contribuire a bonificare un territorio dove tante persone oneste, a partire dalla sua persona, devono quotidianamente misurarsi con l’arroganza e la violenza della camorra. Il Premio a lui oggi assegnato vuole inviare un messaggio chiaro: Mimmo Rubio non può e non deve essere lasciato solo”.
Inoltre, è stata conferita una menzione speciale per la categoria amministratori pubblici a Biagio Chiariello, Comandante dei vigili urbani del Arzano, Comune al nord di Napoli, e a Mariaelena Mililli, vicesindaca del Comune di Maranello.
Per la categoria sindacalisti la menzione speciale va a Gianluca Torelli, responsabile Cgil per l’area torrese-stabiese e a Margherita Bernardi, orientatrice dello Sportello orientamento lavoro, Sol, della Cgil di Firenze, da impegnata nello scovare illegalità nel crinale delle offerte di lavoro. Mentre per la categoria giornalisti, la menzione speciale va a Paolo Mondani, giornalista inviato di Report, Rai3 e a Asmae Dachan, giornalista freelance.
Infine, essendo davvero troppi i giornalisti, sindacalisti e amministratori locali uccisi dalla criminalità organizzata, gli organizzatori del riconoscimento hanno scelto il criterio di non premiare i caduti per la legalità. Quest’anno però è stata assegnata una menzione speciale in ricordo di Adnam Siddique, lavoratore ucciso dalla mafia pakistana per aver difeso i lavoratori agricoli sfruttati dai caporali.