Dopo i pesanti rilievi del Consiglio superiore della pubblica istruzione anche il Consiglio di Stato dice no al liceo del made in italy. Sono rilievi ovviamente di tipo “tecnico” e che non toccano se non indirettamente gli aspetti di merito, ma che infliggono un nuovo pesante colpo all’ansia riformatrice di Valditara. “Si tratta della solita volontà autoritaria di innovare del ministro, senza alcuna volontà di dialogare per realizzare i suoi obiettivi”, commenta Graziamaria Pistorino, segretaria Flc Cgil.

Il liceo del made in Italy, il settimo liceo, nasce con l’intento di avvicinare - ma sarebbe più giusto scrivere “piegare” - la scuola verso le imprese. “Si tratta di un maquillage del liceo economico-sociale - riprende la sindacalista -. Di fatto uno spostamento di ore dall’attività scolastica verso apprendistato e  Pcto (la vecchia alternanza scuola-lavoro, ndr). Quindi, ancora una volta, assistiamo a uno svuotamento del valore formativo e della qualità della scuola che va nella direzione opposta rispetto a quella che anche l’Ocse ha indicato nei giorni scorsi”.

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Il tutto, aggiunge, “per arrivare a una formazione che diventa addestramento professionale, con un continuo richiamo al lavoro in azienda. Basti pensare che, come per la filiera tecnico-professionale, le ore di Pcto vengono introdotte addirittura sin dal secondo anno”.

In ogni caso le famiglie hanno capito benissimo che questo nuovo indirizzo ha ben poco da offrire, visto che gli iscritti sono stati in tutta Italia poche centinaia e le classi istituite non più di qualche decina. Tante bocciature sono arrivate anche, come è noto, dai collegi dei docenti.

I rilievi del Consiglio di Stato

Sono quattro essenzialmente i punti contestati dal Consiglio di Stato che - proprio per questo - ha rimandato al ministro il testo sospendendo il suo parere che, per legge, è obbligatorio e vincolante. Si comincia con il mancato parere della Conferenza unificata Stato-Regioni, che poi è arrivato dopo qualche giorno. Il secondo rilievo riguarda dubbi sugli aspetti ordinamentali, organizzativi e didattici. “Ad esempio - sottolinea la sindacalista - si hanno soltanto gli orari del primo e secondo anno: i ragazzi e le ragazze che si sono iscritte non conoscono quale sarà il curricolo del triennio”.

In terzo luogo, il Consiglio di Stato sottolinea il ruolo non chiaro della Fondazione imprese e competenze per il made in Italy che dovrebbe assicurare “il supporto al potenziamento e all’ampliamento dell’offerta formativa”. Per la Flc è tutto molto chiaro, purtroppo: “I privati in questo modo possono entrare addirittura nella definizione dei curricoli e nella progettazione didattica”, osserva Pistorino.

In fine il tema dei costi: si esprimono dubbi sul fatto che la riforma possa essere realizzata senza ulteriori investimenti. Dal terzo anno di corso, infatti, una materia non linguistica dovrà essere insegnata in lingua straniera. Si tratta della metodologia Clil, per la quale però è necessario formare adeguatamente gli insegnanti, il che ovviamente ha bisogno di risorse. “È quello che diciamo da sempre - attacca la dirigente della Flc-: non si possono fare riforme a costo zero”.

E ora?

Come si vede, sono rilievi tecnici ma che toccano questioni centrali: risorse, ruolo dei privati, programmi di studio. Ma cosa succederà ora? Impensabile pensare che Valditara si fermi. Risponderà in qualche modo e si andrà avanti. Quello che resta è il modus operandi di un ministro che, attacca la sindacalista, “manifesta sempre la sua modalità autoritaria di procedere e nessuna capacità dialogante nel realizzare i suoi obiettivi. Gli esempi sono tanti: la valutazione degli studenti, il voto in condotta, la filiera tecnologica-professionale, le Indicazioni nazionali, le Linee guida sull'educazione civica.

Insomma: Valditara vuole ‘capovolgere’ la scuola senza ascoltare chi la scuola la vive e, anzi, arrivando spesso a toccare la libertà d’insegnamento. Questo scivolone col Consiglio di Stato ne è l'ennesima prova”.