Cambio di location per l'assemblea pubblica di sabato 9 novembre dal titolo “Liberiamo Napoli dalle violenze”. La decisione dopo gli omicidi di Emanuele Tufano, 15enne del rione Sanità ucciso il 24 ottobre scorso in una sparatoria con un altro gruppo di ragazzini, avvenuto in via Carminiello al Mercato, traversa di corso Umberto, e Santo Romano, 19enne colpito in pieno petto nella piazza centrale di San Sebastiano al Vesuvio, provincia di Napoli, al culmine di una lite scaturita da un pestone e una scarpa sporcata.

“Troppo soli, troppo precari, troppo inascoltati siamo stati in questi anni”

Stesso orario, le 10:00, ma da piazza Cavour ci si sposta a piazza del Gesù: sono tantissime infatti le adesioni che sono arrivate nel giro di pochi giorni, quindi la scelta di virare su una piazza più grande. “Un microfono aperto, un’assemblea per ascoltarci e prendere parola pubblica insieme – si legge nella nota firmata da Libera, Cgil, Uil e oltre 50 realtà tra associazioni, movimenti, sindacati, cooperative, mondo della Chiesa –. Perché troppo ai margini è rimasta la necessità di un piano straordinario di risorse per l’educazione. Troppo soli, troppo precari, troppo inascoltati siamo stati in questi anni. Un momento per rendere visibile lo straordinario lavoro che facciamo e per chiedere che le nostre pratiche innovative, generative, informali, collaborative diventino una politica pubblica. Perché abbia risorse, pensiero, continuità il lavoro di cura e di presa in carico che facciamo nelle comunità: nella scuola, nei territori”.

“Queste morti, ferite che colpiscono e interrogano Napoli ancora una volta”

“Le morti di Santo ed Emanuele sono davanti ai nostri occhi: una ferita che colpisce e interroga Napoli ancora una volta. In città e in provincia gli eventi criminosi commessi da giovani e adolescenti seminano morte, come purtroppo è accaduto anche a San Sebastiano al Vesuvio, dove per ‘futili motivi’ è stato colpito un altro giovane, Santo Romano, diciannove anni. La città metropolitana è fuori controllo. Decine e decine di ragazze e ragazzi – denunciano i promotori dell'iniziativa – hanno perso la vita in questi anni tra le strade della città: vite spezzate da guerre di camorra, da violenze urbane, dalla marginalità, da contesti che vanno liberati dall’ingiustizia, dalla prevaricazione e dalla sopraffazione.

“Armi, troppe armi. Pistole, esplosivi, armi di medio e piccolo taglio circolano tra le strade, le piazze, i vicoli e le scuole della nostra Napoli e feriscono, ammazzano, provocando dolore e morte. Armi e droghe, troppo facili da acquistare. Armi e droghe che finiscono nelle mani di giovani, adolescenti, bambini. Armi che vengono utilizzate senza controllo di giorno come di notte, quando gran parte della città spesso è lasciata in balia di bande e criminalità”.

“Liberare Napoli dall’uso e dalla cultura delle armi”

“Liberare Napoli dall’uso e dalla cultura delle armi è l’urgenza di questo tempo. Che necessita di una strategia politica e culturale che deve strutturarsi e radicarsi nei luoghi e nel tempo. Sono passati trentanove anni dall’articolo di Giancarlo Siani che parlava dei muschilli, di minori sfruttati dalla camorra nei propri affari. E siamo ancora qui, a guardare attoniti ragazzini colpiti, coinvolti e travolti dalle stesse logiche violente; che anziché indebolirsi, sembrano radicarsi. Oggi quei minori dispersi, disperati, abbandonati non sono spariti, si sono moltiplicati e sono ancora più soli, più arrabbiati, senza controllo, capaci di commettere errori e tragedie terribili a causa dell’ambiente in cui nascono, crescono e vivono; ambiente fatto di codici, linguaggi, gerarchie violente e prive di morale. Minori inesistenti per la politica, le istituzioni e l’opinione pubblica, salvo attenzionarli sempre e solo dopo l’avvenire di queste tragedie”.

Serve che su Napoli e sulla Campania ci sia un “disegno” vero e lungimirante, frutto di un patto costante tra istituzioni, mondo del terzo settore, scuola, associazionismo, realtà imprenditoriali, chiese e realtà religiose: occorre un lavoro dignitoso, una sicurezza senza retorica, un controllo del territorio e un piano educativo straordinario che contempli interventi straordinari dagli asili all’età adulta, e non provvedimenti presi sull’onda mediatica e che puntano solo sulla repressione, senza prendere in carico le persone e i contesti.