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Caro Ministro,
come insegnante quest’anno ho pensato di scrivere una lettera non a Babbo Natale ma a Lei, data la Sua spiccata predilezione verso la forma epistolare mostrata in questi primi due mesi da titolare del dicastero dell’Istruzione.
Dopo il Suo insediamento, insegnanti e studenti hanno ricevuto prima una lettera riguardante la ricorrenza del 9 novembre, anniversario della caduta del Muro di Berlino; poi quella del 22 novembre, che ricorda la tragica morte dello studente Vito Scafidi, vittima della mancata sicurezza nelle nostre scuole; pochi giorni fa, destinatari le famiglie di alunni e alunne della scuola pubblica italiana in merito all’orientamento scolastico, in vista delle prossime iscrizioni. Andando per ordine, azzardo alcune osservazioni.
Il Muro di Berlino è caduto nel 1989, oltre trent’anni fa. Giusto ricordarlo, così come ritengo opportuno, se non obbligatorio, inserire nella programmazione di storia dell’ultimo anno della secondaria di primo e secondo grado questo argomento quale “obiettivo minimo”, e non fermarsi alle “conseguenze del secondo conflitto mondiale”, come quando frequentavo terza media e quinta liceo da studente, per l’appunto trent’anni e più. Ma vorrei darLe una notizia: ai nostri ragazzi, alle generazioni di questo millennio, degli ideologismi e delle contrapposizioni del secolo scorso interessa ben poco; mentre la Sua lettera proprio a vecchi ideologismi sembrava alludere, cogliendo l'occasione per ribadire, su scala nazionale, determinate posizioni. Nelle nostre aule però serve parlare della caduta del Muro da un punto di vista storico, non politico, altrimenti rendiamo un cattivo servizio. Nel mio piccolo, ogni anno ne discutiamo in classe.
Sulla sorte del povero Vito Scafidi c’è ben poco da dire, anzi molto, perché la sicurezza nelle scuole, a quindici anni da quanto accaduto nel Liceo Darwin di Rivoli, rimane ancora un problema da risolvere nella maggior parte degli istituti sparsi nel territorio italiano. Un problema che può essere affrontato soltanto attraverso finanziamenti e investimenti mirati. Le scelte del Suo governo, però, non vanno verso questa direzione: di fondi destinati alla sicurezza, alle strutture scolastiche, ancora una volta poco o niente. Forse l’assurdità di cui si parla nella lettera per la morte di un giovane di 17 anni sta tutta qui.
C’è poi la questione dell’orientamento scolastico. Di certo accompagnare nella scelta futura famiglie e studenti fa parte dei compiti del Ministero dell’Istruzione, e dunque di noi tutti che operiamo all’interno della comunità scolastica, docenti compresi, come sottolineato nella missiva. Quello che non convince sono alcune indicazioni contenute, in particolare laddove Lei scrive: “…mi permetto di allegare alcune statistiche relative alle prospettive occupazionali dei diplomati, ovvero al rapporto tra percorsi formativi e occupabilità, e alle principali tendenze del mercato del lavoro”. Sarà una mia impressione, ma strizzare l’occhio al mercato del lavoro da subito, con aziende private già presenti negli istituti specializzati (come doveroso) e ormai anche in gradi e percorsi che dovrebbero aver a che fare più con le “conoscenze” che con le “competenze”, non credo sia una buona idea. Altri dati, che raccontano "disturbi nell'apprendimento" e dispersione scolastica, ci suggeriscono urgenze diverse. Nella Sua ultima intervista assicura che pagherà di più i docenti, e visiterà di persona le scuole maggiormente colpite dal fenomeno dell'abbandono. Attendiamo con fiducia.
Caro Ministro, spero di non esser stato troppo scortese, e che apprezzi comunque queste brevi riflessioni, da parte di un insegnante della scuola pubblica. Già, la scuola pubblica.
Ecco, se posso permettermi di chiederLe un regalo, o almeno di esprimere un desiderio, vorrei che al Ministero dell’Istruzione tornasse l’aggettivo “pubblico”, che fosse Ministero della Pubblica Istruzione. Sarebbe nulla, solo un bel segnale. Per ciascuno di noi.
Buon Natale, signor Ministro.