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Andare all’università e non sentirsi sicure. Avere la percezione che posti come gli uffici dei docenti, le sedi dei tirocini, gli studentati siano i meno sicuri dell’ateneo, e che le figure più inclini a perpetrare abusi siano proprio i professori, i compagni di corso e di studentato, il personale tecnico.
È un quadro preoccupante quello che emerge dall’indagine “La tua voce conta” sul fenomeno delle violenze e delle molestie di genere realizzata dall’Udu, Unione degli universitari, e presentata l’8 marzo in occasione della giornata internazionale dei diritti delle donne, con i risultati delle prime 1.500 risposte a un questionario arrivate da tutti gli atenei italiani tra febbraio e inizio marzo 2024.
Figure abusanti
“Quello che la ricerca ha evidenziato è una conferma di ciò che pensavamo e temevamo – spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu -. E cioè che le molestie e le violenze negli atenei sono una norma, sono presenti in tutto il territorio italiano e sono un fenomeno conosciuto dalla componente studentesca. L’aspetto più preoccupante è che le figure abusanti sono nella maggior parte dei casi i docenti, che hanno una posizione alta nella gerarchia universitaria e per questo protette. Il risultato è che le studentesse non riescono a denunciare e quando lo fanno si ritrovano in situazioni assurde. Dalle testimonianze raccolte risulta che le studentesse vengono invitate a fare un colloquio con il molestatore per confrontarsi su quanto è successo: è una follia”.
Dai casi di Torino alla denuncia
I due casi di molestie all’università di Torino denunciate e finite sui giornali, che hanno portato agli arresti domiciliari di un professore accusato di violenza sessuale, minacce e stalking, e alla sospensione dall’insegnamento per un mese di un altro docente, per l’Udu sono la punta di un gigantesco iceberg. Soltanto sotto la Mole le segnalazioni delle studentesse sono molte di più: il centro antiviolenza aperto nel campus Einaudi ne ha raccolte 138 e molte altre sono state indicate in un questionario diffuso dai collettivi.
300 episodi segnalati
“Dopo i fatti di Torino le ragazze hanno scelto di alzare la voce – prosegue Piredda - e di denunciare quello che succede negli atenei, che sono l’esatto specchio della società nella quale viviamo. Aule, uffici, studentati non sono sicuri per le donne, studentesse e non, e per tutte le soggettività non binarie che sono marginalizzate. Abbiamo raccolto i racconti di 300 episodi di molestie. Anche per questo l’indagine non finisce qui”.
Molestie fisiche e verbali
“Sono stata più volte toccata dal mio relatore di tesi durante le correzioni del testo”. “Con quel visino può fare la escort, ci pensi. Guadagnerebbe anche bene”. “Un uomo appartenente al personale dell’università ha allungato le mani sul mio sedere (più di una volta) durante un giro all’università”.
Molestie fisiche e verbali, contatto fisico non richiesto e non gradito, discriminazioni. La casistica raccolta è varia e quando si passa al capitolo denuncia, per il 22,4 per cento delle studentesse il clima non mette l’abusata nelle condizioni di esporsi: per paura delle ripercussioni sulla carriera, per il giudizio da parte dei compagni di corso, per la consapevolezza diffusa che il molestatore non subirà alcuna conseguenza e perché il fatto verrà sminuito e celato.
“Questo ci mostra quale sia la centralità del ruolo di potere e della protezione della reputazione dell’ateneo quando si parla di casi di molestia e violenza – si legge nell’indagine dell’Udu -: la sicurezza dei soggetti in formazione viene completamente posta in secondo piano e la consapevolezza di ciò appare diffusa. Riteniamo essenziale sottolineare come una situazione simile evidentemente vada a inficiare anche il percorso accademico, oltre che il benessere psicologico, delle soggettività che vivono episodi simili”.
Centri e presidi antiviolenza
Sul fronte della presenza di centri antiviolenza nelle università, solo il 25,7 per cento di chi ha compilato il questionario ne riporta l’esistenza all’interno dell’ateneo, mentre il 62,1 dichiara di non saper rispondere alla domanda, indice della grande disinformazione rispetto ai servizi offerti. Dall’indagine emerge anche con chiarezza che la presenza di presidi fa sentire le persone più sicure nel denunciare: dove ci sono la sicurezza arriva al 45,4 per cento, mentre dove non ci sono cala al 19,1.
L’implementazione di telecamere e in generale maggiore sorveglianza, percorsi di informazione e sensibilizzazione sul tema mirati a educare i cittadini, centri antiviolenza sono alcune delle soluzioni suggerite, fatte proprie dall’Udu.
Percorsi obbligatori
“Chiediamo che la figura della consigliera di garanzia sia obbligatoria in ogni università – conclude Piredda -, che siano presenti presidi antiviolenza dotati di supporto sia legale che psicologico in modo che possano trattare e gestire tutti gli aspetti delle denunce, e percorsi obbligatori di prevenzione, sensibilizzazione e formazione sul tema del consenso e dell’educazione sessuo-affettiva non solo per gli studenti ma per tutto il personale dell’ateneo. Scuole e università devono essere spazi sicuri se realmente vogliono svolgere il loro ruolo”.