Giornali e tv sono luoghi di lavoro come gli altri: le donne sono molte, pochissime quelle con ruoli di responsabilità, nei quotidiani solo uno ha una direttrice (Agnese Pini) e non esistono tv dirette da una donna. Altro che rottura del tetto di cristallo e riequilibrio di potere tra donne e uomini.

Se è vero che una delle forme di violenza di genere più diffusa è quelle delle molestie nei luoghi di lavoro, allora era necessario indagare su cosa accade in quei luoghi specifici che sono le redazioni giornalistiche. Luoghi che per di più sono attraversati da una presenza sempre più massiccia di precarietà, e – purtroppo – ovunque precarietà fa rima con ricattabilità e le molestie frequentemente si associano a ricatti o alla paura del ricatto. In ogni caso al fondo c’è sempre un’asimmetria di potere.

Conoscere le molestie

La Commissione Pari opportunità della Fnsi (il sindacato dei giornalisti e delle giornaliste), in collaborazione con Casagit, Inpgi, Usigrai e con i patrocini dell’Ordine dei giornalisti e di Agcom, nel 2018 decise di capire quanto il fenomeno fosse diffuso nelle redazioni italiane. Chiese a Linda Laura Sabbadini, statistica ed esperta di statistiche di genere, di essere consulente scientifica del progetto, e alla società Kairos di somministrare e analizzare i questionari. Primo scoglio, individuare l’universo cui riferirsi: inevitabilmente si è dovuto limitarlo alle giornaliste dipendenti, lasciando purtroppo fuori tutte le precarie e le freelance, quelle probabilmente più esposte alla possibilità di ricatto.

Il questionario

I questionari inviati (via mail) sono stati 2.775, le giornaliste che hanno risposto sono 1132, il 42% del totale. La parte operativa della rilevazione è stata condotta da Kairos Ricerche. I risultati sono preoccupanti, benché orientativi, vista la non identificazione con scientificità del campione e, come dicevamo, la non universalità in assenza di quante non hanno un contratto. Ciò che appare evidente è una situazione di forte disagio tra le donne che popolano le redazioni.

I numeri delle molestie

L’85% di quante hanno risposto al questionario ha dichiarato di aver subìto una qualche forma di molestia nel corso della vita lavorativa nei giornali. Si legge nel report conclusivo: “Il 66,3% afferma di averle subite negli ultimi cinque anni, mentre il dato sulle molestie subite negli ultimi 12 mesi, il 42,2%, indica che quella delle molestie è una realtà del quotidiano delle giornaliste nell’esercizio della professione”.

Che tipo di molestie

Battute, sguardi insistenti, commenti di tipo sessuale e domande intrusive della vita privata o sull’aspetto fisico: “Il 43,6% dichiara di avere ricevuto insulti e offese in quanto donna, il 41,6% di essersi sentita svalutata nel lavoro in quanto donna”. I dati che confermano, purtroppo, quanto giochi l’asimmetria di potere sono quelli che riguardano i ricatti: “Il 19,3% dichiara di essere stata sottoposta a richieste di prestazioni sessuali mentre cercava lavoro (2,4% negli ultimi cinque anni; 0,9% nell’ultimo anno) e il 13,8% per progredire nella carriera (2,7% negli ultimi cinque anni; 0,9% nell’ultimo anno).

Che tipo di molestatore

Le risposte delle colleghe svelano una realtà che dovrebbe essere bandita ovunque, tanto più in luoghi di lavoro (le redazioni dei giornali) dove l’informazione e la cultura sono o dovrebbero essere il pane quotidiano, così come la capacità di non sottostare alle logiche del patriarcato. Patriarcato che, per inciso, non è finito tanto meno per effetto di una legge che riformava il diritto di famiglia. E invece no. Leggiamo: “Nel 98,6% dei casi a molestare è l’uomo, mentre è una donna nell’1,4% dei casi. Si tratta per lo più di superiori diretti (26,9%), colleghi con maggiore anzianità (16,7%), direttori e vicedirettori (14,8%), superiori non diretti (11,3%), contatti di lavoro esterni alla redazione (10,3%), colleghi parigrado (6,8%). Quasi la metà ha più di 46 anni”.

Chi molesta la fa franca

Soprattutto perché le vittime non denunciano. Purtroppo, infatti, solo il 2,2% di quante hanno risposto al questionato ha dichiarato di aver denunciato il suo molestatore, di contro il 97,8% non lo ha fatto. Le ragioni della mancata denuncia sono diverse, dalla paura di non essere creduta, all’aver risolto da sole la vicenda. Sta di fatto che il molestatore la fa franca, quindi potrebbe esser pronto a reiterare quel comportamento molesto. Tra le motivazioni non possono che esserci anche la “paura di ritorsioni”, vista la disparità di collocazione e di potere tra molestatore e vittima, così come attestano i dati, e la preoccupazione di cadere negli stereotipi del non essere creduta e dell’essersela cercata.

Stereotipi e patriarcato

La verità che arriva dalla lettura di questa ricerca è dura da accettare, anche nel mondo dell’informazione, in quelli che dovrebbero essere i luoghi dove attraverso l’utilizzo dei diversi linguaggi si dovrebbe raccontare una realtà altra, che contribuisca a superare il patriarcato. Stereotipi e violenza di genere, invece, abitano con agio anche nelle redazioni. Lunga è la strada che dobbiamo compiere. Me non ci fermeremo, non ci fermeranno.