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La tragica notizia è arrivata domenica scorsa, il 18 agosto: un lavoratore di 55 anni residente a Piove di Sacco (Padova) si è tolto la vita dopo essere stato licenziato dall’azienda. Lavorava per la Metro di Venezia da ventisette anni, mai un richiamo, mai una contestazione, e si era rivolto alla Cgil per aprire la vertenza che – probabilmente – l’avrebbe portato al reintegro. Ma invece di una soluzione positiva è arrivata la notizia del suicidio.
Una storia dura e terribile, in cui occorre rispettare il privato del defunto e della sua famiglia, ma bisogna anche chiarire che si tratta di una storia di lavoro. Un licenziamento ingiusto ed esagerato che ha portato conseguenze nefaste. A ricostruire la vicenda con Collettiva è Andrea Porpiglia, della segreteria Filcams Cgil di Venezia, che ha seguito l’intera questione.
L’azienda non accetta le controdeduzioni
“Il lavoratore ha ricevuto una contestazione dall’impresa – esordisce – Come mansioni faceva l’acquisitore da parte della Metro, l’azienda della grande distribuzione, ed è proprio la Metro che l’ha richiamato. Senza entrare nello specifico, si trattava di una contestazione molto blanda: ci sarebbero state presunte irregolarità nella procedura eseguita dall’uomo, che noi abbiamo subito contestato. Come Filcams abbiamo inviato le controdeduzioni all’azienda, che però non ne ha voluto sapere niente”.
La lettera di licenziamento
Il sindacato incontra Metro, ma l’azienda non accetta le controdeduzioni dell’organizzazione. A quel punto la situazione si aggrava. “Il 4 agosto è arrivata a casa del lavoratore la lettera di licenziamento, che portava la data del 31 luglio. Fino a quel momento lui ha sempre lavorato, non è mai stato sospeso, ciò significa che è stato allontanato direttamente dall’impiego senza sospensione”.
Certi di farlo reintegrare
La Filcams ha preso appuntamento con l’Ufficio legale per contestare il licenziamento: “Il prossimo 3 settembre dovevamo impugnarlo – prosegue Porpiglia – ma poco dopo ci è arrivata la notizia del suicidio. Da parte nostra, eravamo assolutamente certi di farlo reintegrare: peraltro data l’anzianità di servizio l’addetto era coperto dall’articolo 18”.
Un lavoratore modello
L’uomo era un lavoratore modello: come detto, in ventisette anni di servizio non aveva mai ricevuto un richiamo in alcuna forma. Gli veniva contestata una presunta irregolarità procedurale, che per il sindacato non ha ragione di essere. La proprietà non ha voluto ascoltare nessuno ed è andata avanti per la sua strada. E adesso? La famiglia ha chiesto alla categoria di consultare i legali, per verificare la possibilità di intraprendere la strada giudiziaria.
Nel dolore per la perdita, una cosa è certa, conclude il sindacalista: “Il licenziamento per noi risulta illegittimo, era assolutamente sproporzionato rispetto a ciò che gli veniva contestato”.