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“La situazione non è delle migliori. Ma del resto lo sapevamo: i problemi che si troverà davanti la scuola tra poche settimane li segnaliamo da mesi, in tutte le iniziative che abbiamo messo in campo in queste settimane, tra cui voglio ricordare almeno lo sciopero dell’8 giugno. Sono gli stessi nodi segnalati anche dalle tante manifestazioni di Prorità alla scuola. Ci dicevano: la Cgil non vuole che la scuola riparta, ma in realtà ovviamente non è così”. Francesco Sinopoli, segretario generale della Flc Cgil, risponde alle nostre domande mentre trascorre alcuni giorni di vacanza strappati a un periodo complicato e pieno di impegni.
Le criticità della scuola italiana hanno radici lontane nel tempo, nascono ben prima del covid...
Certo. Basti pensare al tema degli organici, alle tante cattedre ancora scoperte che producono supplenze. Avevamo chiesto un immissione in ruolo per titoli dei precari storici con la valutazione alla fine dell’anno scolastico, cioè un vero concorso straordinario. La ministra come sappiamo ha detto di no e ha riproposto una copia del concorso ordinario da svolgersi a novembre. Così i tempi si dilatano e tutto in piena emergenza covid.
Avete anche più volte denunciato anche i ritardi del governo…
È così. Ritardi nell'individuazione delle risorse per l’inizio dell’anno scolastico e ritardi nell’avvio di un confronto sulla ripartenza. Sapere quali spazi e quanto organico si ha a disposizione determina quante classi, quanti studenti potranno stare in presenza nelle scuole. Ma a oggi, per esempio, i dirigenti scolastici non sanno ancora su quanti docenti o personale Ata potranno contare a settembre. Difficile organizzarsi in questo modo, basti pensare ai collaboratori scolastici di cui si avrà bisogno per presidiare entrate e uscite e per le sanificazioni degli ambienti. Una situazione generale che rischia anche di acuire i pesanti squilibri territoriali che già esistono: la disponibilità di spazi non è la stessa in tutte le regioni.
Alla fine sembra che, anche in emergenza, il nodo centrale, oltre a quello dei ritardi, è sempre quello delle risorse. Però qualcosa in più c’è, penso al miliardo per l’assunzione di 50.000 tra docenti e Ata, più un altro miliardo che dovrebbe arrivare con lo scostamento di bilancio...
Intanto vorrei fare un’osservazione sul piano qualitativo. Il 50 per cento delle assunzioni verranno fatte in base alle richieste degli uffici scolastici regionali e stiamo verificando che in alcune realtà – Lombardia o Emilia Romagna, ad esempio – sono sottostimate. Sulle cifre, poi, va detto che non basta, non sono sufficienti per riportare tutti a scuola in sicurezza. Inoltre, noi non chiediamo risorse solo per la ripartenza. In autunno le nostre iniziative saranno centrate sulla necessità di grandi investimenti per tutto il sistema della ricerca e dell’istruzione. Occorrono 20 miliardi, la stessa cifra richiesta dal ministero della Salute, anche per far partire le due grandi riforme di cui abbiamo bisogno: rendere obbligatorio il segmento 3-6 e portare l’obbligo scolastico a 18 anni.
Un aspetto positivo però c’è: la firma del protocollo per sicurezza…
Sì e noi avevamo da subito dato disponibilità, come è accaduto per gli esami di maturità, a confrontarci per individuare una cornice che servisse a tradurre nelle scuola le linee guida del Cts. Detto questo, il protocollo è certamente importante, ma non è un passe partout per riaprire le scuole. Tuttavia è vero, nel protocollo ci sono cose importanti, che noi chiedevamo da tempo, come ad esempio il recupero di una sorta di medicina scolastica, una cosa molto importante. Soprattutto, abbiamo apprezzato i due impegni contenuti nella parte finale: quello per la riduzione dell’affollamento delle classi e per il superamento dei vincoli che impediscono la copertura con supplenti delle assenze di un solo giorno, molto importante per evitare lo smembramento delle classi che sarebbe molto problematico in questa fase di emergenza sanitaria Ora però queste novità devono essere tutte effettivamente tradotte con un provvedimento di legge ad hoc.