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L'Aquila è ancora una città ferita. A 15 anni dal terremoto del 2009, la vita nel centro del più grande cantiere d'Europa non è ancora tornata alla normalità. Stando ai dati più credibili, a oggi, i lavori edili conclusi nell’ambito della ricostruzione pubblica post sisma sono circa il 50%, mentre quelli relativi alla ricostruzione privata arrivano più o meno al 75%. Se poi si prende in considerazione il più ampio cratere sismico 2009 le percentuali si riducono ancora.
Nel centro storico poi, secondo quanto lamentano molti residenti, ci sono ancora problemi con l'illuminazione pubblica, col ritiro della spazzatura, con gli allacci ai servizi. Mancano anche i parcheggi e sono tante le case in affitto o in vendita. In effetti, stando a quanto riporta l'Usra, l'ufficio speciale per la ricostruzione, mentre i cantieri privati procedono, seppur con lentezze, quelli pubblici sono molto più indietro. Ci sono appalti che non partono, ditte che falliscono, lavori che si sospendono o che hanno ritardi. Dei 758 interventi pubblici, i conclusi sono solo 364, in attuazione sono 122, mentre 115 sono in attesa di collaudo.
Su fronte privato la situazione migliora un poco, ma il numero di cartelli
“affittasi” o “vendesi” per le strade resta impressionante. Sempre secondo l'Usra, gli appartamenti e gli edifici interessati alla ricostruzione sono 20.674, di cui quasi 7.000 nel solo centro storico. Molti interventi sono ancora fermi perché i soldi stanziati non sono in cassa, e il problema sono i tempi per il finanziamento. Ma molte case ricostruite non vengono abitate anche per mancanza di parcheggi, o per tempi lunghi negli allacci ai servizi. Questo ricade direttamente sulle attività commerciali. Ben 800 negozi hanno riaperto, ma alla crisi generale si aggiunge la difficoltà di vivere in cantiere enorme, con strade e piazze chiuse, e clienti che hanno difficoltà ad arrivare in centro.Un altro capitolo riguarda poi gli istituti scolastici e l'Università. In centro non ci sono più scuole, e le famiglie devono accompagnare in macchina i figli. Per gli universitari, la vita risulta altrettanto complicata: i trasporti sono difficili e le frazioni intorno alla città non hanno luoghi di aggregazione.
“Dopo tutto questo tempo non si può essere soddisfatti - commenta Riccardo Zelinotti, segretario generale della Fillea Cgil provinciale -, la fotografia scattata dai dati non è infatti sufficiente a spiegare la complessità della situazione. Ci sono difficoltà oggettive nel gestire aggregati più piccoli e proprietà più frazionate che si trovano soprattutto nelle frazioni periferiche. C'è poi il problema della carenza di personale, per cui migliaia di pratiche devono essere lavorate da un numero esiguo di professionisti, spesso anche precari. C'è infine un problema di sovrapposizione di normative diverse, in particolare per gli edifici interessati sia dal sisma 2009 che da quello del 2016”.
Il sindacato, poi, si concentra sulla mancata ricostruzione sociale. In questo territorio si registrano, tra l’altro, un netto aumento dell'uso di psicofarmaci e di stupefacenti, e picchi di microcriminalità. “La ricostruzione non può essere solo una questione materiale, una ricostruzione fisica di quello che il sisma ha distrutto – continua Zelinotti –. Occorre anche una ricostruzione della comunità, una ricostruzione che metta al centro la qualità del costruito e del lavoro”.
“Per tutto questo – conclude – abbiamo avanzato una proposta, in sintonia con quella avanzata dalla Cgil, di una legge quadro nazionale sulle emergenze e la ricostruzione, che semplifichi la governance dei processi, e che tenga necessariamente unite ricostruzione fisica, economica e sociale delle comunità che abitano questi territori”.