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Per ascoltare il mondo del lavoro bisogna restare in silenzio. Perché “se parli, non ascolti”. L’ha detto chiaramente, il segretario generale della Cgil Maurizio Landini, concludendo a Bologna l’Assemblea delle delegate e dei delegati. Un appuntamento in cui la confederazione ha dato la parola ai suoi rappresentanti, alle “basi”, ascoltandone appunto le storie, i temi, le urgenze. Un appuntamento avvenuto in concomitanza con la campagna elettorale, e “non è stata una scelta fatta a caso”, ha spiegato Landini.
“Negli ultimi anni - ha detto il segretario - il mondo del lavoro, le lavoratrici e i lavoratori, i precari, i giovani non sono stati ascoltati. E addirittura le politiche fatte, in molti casi sia da governi di destra sia da governi che si richiamavano alla sinistra, hanno peggiorato la condizione di vita e di lavoro delle persone. E questo ha determinato una rottura tra il mondo del lavoro e la rappresentanza politica. Quando in un Paese come il nostro succede che la maggioranza dei cittadini non va a votare” si concretizza una “crisi democratica che ci riguarda direttamente”.
L’Italia oggi ha “un problema”: è attraversata da un “cambiamento grandissimo” di fronte al quale “non possiamo rimanere spettatori”. “Ognuno di voi ha la sua testa e il suo cuore, ma se vuoi cambiare le cose dobbiamo poter partecipare, decidere i cambiamenti e per farlo bisogna esserci, metterci la faccia e avere il coraggio di non stare zitti e di prendere la parola”.
“Siamo ancora un Paese pieno di diseguaglianze - scandisce il numero uno della Cgil - ed è il primo punto da cui dobbiamo partire”. “Il numero di persone che per vivere ha bisogno di lavorare non è mai stato grande come adesso, ma non siamo mai stati tanto divisi e contrapposti”. Per questo il sindacato deve rivendicare di essere ascoltato e “che la politica torni ad assumere il lavoro come elemento centrale per costruire una nuova società”. Perché “oggi è il momento di cambiare questo Paese e di farlo investendo sul lavoro”.
La Cgil deve dunque rivendicare una trasformazione “del modello sociale ed economico” che ha fatto dello “sfruttamento e della competizione tra i diritti e tra i lavoratori la propria cifra”. “Il nostro problema non è il lavoratore di fianco a noi, non è il colore della pelle delle persone. Il nostro problema sono quelli che ci sfruttano tutti assieme e che ci mettono in competizione gli uni con gli altri”.
Il ruolo del sindacato, in questa temperie, deve essere in fondo quello raccontato dai delegati nei loro interventi all’Assemblea. Le storie degli ultimi anni, del tempo della pandemia. Le esperienze di quelle organizzazioni e categorie che a tutti i livelli “hanno tenuto aperte le sedi - ricorda Landini - che non hanno lasciato solo nessuno, che sono state un riferimento per chi aveva bisogno in qualsiasi momento. E noi lo dobbiamo fare ancora meglio, non dobbiamo fermarci”.
“Devi essere lì dove le persone hanno bisogno”: questo significa fare “il sindacato di strada”. Un sindacato - ammonisce Landini con orgoglio - senza il quale l’Italia non avrebbe potuto affrontare la crisi e la pandemia, un sindacato che è “soluzione” e non “problema”. E “quelli che oggi in campagna elettorale” spiegano “a cosa serve il sindacato dovrebbero capirlo e dovrebbero ringraziarci”.
Commentando la deroga al tetto della soglia di 240mila euro di stipendio annuo per alcuni dipendenti pubblici, varata nelle scorse ore dal Parlamento nel Decreto Aiuti, Landini ha detto che si tratta di “una cosa indegna”, che va “contro la dignità delle persone che le tasse le pagano tutti i giorni. “In un Paese dove l’87 per cento dei pensionati e dei lavoratori dipendenti e anche dei lavoratori autonomi prende meno di 35 mila euro lordi”, aggiunge Landini, “c'è un'unica cosa da fare: cancellare quel provvedimento”. È però un sintomo, lascia intuire il segretario, dello scollamento tra politica e persone, di un’incapacità, appunto, di ascoltare i bisogni della società italiana. Mentre per dare un vero aiuto economico basterebbe aumentare oltre il 25 per cento la tassazione sugli extraprofitti sul prezzo dell’energia, come chiesto dalla Cgil. Un tema di cui si parla “in tutta Europa”, ed è “scandaloso” che in Italia nessuno lo voglia affrontare. “Se col 25 per cento di tassazione sei riuscito a dare 200 euro a luglio alle persone che hanno un reddito fino a 35 mila euro - ragiona Landini - vuol dire che” elevando la soglia al 75 per cento “non gliene dai 200 ma altri 600”.
Nettamente bocciata, anche, la proposta elettoralistica del centrodestra sulla riforma del fisco. “La flat tax? - si chiede Landini - La può proporre chiunque, sia chiaro, e di qualsiasi idea”, ma è una “presa in giro”. E spiega “Se fai una tassa unica, diciamo anche al 23 per cento, si possono fare due conti: entrerà il 50 per cento in meno del gettito che entra oggi. Dai 27 miliardi attuali si scenderà a 12 miliardi, depauperando le risorse che attualmente vengono destinate alla sanità (7 miliardi), o alla scuola (5 miliardi)”. “Ma la cosa più estrema - aggiunge Landini - è che il 50 per cento di gettito che entrerà, andrà a quel 10 per cento di chi ha il reddito più alto”. Improponibile, anche, la proposta di flat tax fino a 100 mila euro per i redditi autonomi: “Non ci deve essere competizione tra lavori ma un senso di giustizia sì: se due lavoratori guadagnano la stessa cifra, perché tassarli in due modi diversi? Alzare la flat tax da 65 mila euro a 80 mila euro per gli autonomi significa che i 5 mila euro di tasse che pagano ora scenderanno a 1.300 euro, mentre uno stipendio di lavoratore dipendente da 33 mila ne lascerà al fisco 1.400”.
Quello che occorre, invece, è “un nuovo patto di cittadinanza che si fondi su un’idea diversa di fisco, perché i dati ci dicono che è aumentato il numero di persone che pur lavorando sono povere, ma la ricchezza è aumentata e si è concentrata ancora di più in mano a pochi”. Quindi, “quale che sia l’esito elettorale”, “qualsiasi governo ci sarà”, quando il Parlamento si insedierà e l’esecutivo sarà chiamato a varare la legge di Bilancio, “noi gli diremo cosa vogliamo”, spiega Landini”, e che serve “una vera riforma fiscale”.
Ma occorre anche “cambiare le politiche sbagliate”, “aumentare i salari” e “aumentarli con la contrattazione. Noi chiediamo che ci sia una legge sulla rappresentanza e che dentro quella legge si recepisca anche la normativa che l'Europa ci chiede sul salario minimo”.
Dopo un passaggio accorato sulla guerra (“non può tornare ad essere lo strumento normale dei rapporti tra le nazioni”) Landini ha affrontato l’emergenza del cambiamento climatico: “L'Europa - ricorda il numero uno della Cgil - ha deciso che entro il 2050 bisogna superare le fonti fossili. L'Italia dipende dalle fonti fossili, in particolare dal gas, più di altri Paesi. C'è un'emergenza da affrontare ma dobbiamo avere un piano straordinario che sia anche in grado di porsi il problema di come recuperiamo la nostra autonomia energetica, perché altrimenti noi non ne veniamo fuori né sul piano industriale né sul piano produttivo”.
Occorre creare “le condizioni di una giusta transizione ma abbiamo perso troppo tempo”. L’Italia è il “secondo Paese industriale in Europa, e siamo tra i più grandi Paesi industriali nel mondo. È in discussione è il futuro della manifattura. Quali prodotti, quale tecnologie mettere in campo. Ma queste cose non dovrebbero deciderle le imprese da sole. Non è un tema da lasciare al mercato, è il momento di fare delle politiche industriali. E le politiche industriali le fa il pubblico. Deve esserci un indirizzo pubblico che indica quali sono i settori strategici”.
Tornando a parlare della campagna elettorale, Landini ha precisato: “L'unico appello che farò è che le persone vadano a votare. Sono il figlio di un partigiano. A casa mia, se a qualcuno veniva in mente di dire ‘non so se vado a votare’, mio padre non ti faceva finire la frase. Perché quello è un diritto che è stato riconquistato. Senza la lotta di Liberazione e senza la sconfitta del fascismo e del nazismo noi il diritto di voto non ce l'avremmo. Vedo quello che sta succedendo adesso, e cioè che in alcuni casi la metà delle persone a votare non ci va, ed è un problema serio, perché quando la gente non va a votare si apre una crisi democratica, vuol dire che le persone non si sentono rappresentate”.
Quanto ai temi emersi in campagna elettorale (rimettere mano alla Costituzione, l’ipotesi di una Bicamerale costituente, l’elezione diretta del Capo dello Stato) la risposta di Landini è netta: “Se c'è una cosa che sta funzionando adesso in Italia è il presidente della Repubblica”. Costituzione e Quirinale non si toccano. Invece “se c'è qualcosa che non sta funzionando è la legge elettorale. Se devo fare una richiesta è che cambino la legge elettorale”.
Il segretario generale ha quindi concluso il suo intervento lanciando la manifestazione romana del prossimo 8 ottobre, nell’anniversario dell’assalto alla sede nazionale della Cgil. “Quel giorno in piazza assieme a noi ci saranno anche tanti altri sindacati europei, e associazioni verdi, ambientaliste, Federconsumatori e Auser” tra le altre. Il corteo farà “un percorso inverso” rispetto a quello dell’assalto del 2021: “Partiremo dalla sede della Cgil per arrivare a Piazza del Popolo”. Il giorno successivo, invece, il 9 ottobre, la confederazione aprirà la sua sede per ospitare “una grande tavola rotonda a cui saranno presenti anche Cisl e Uil” e molte sigle internazionali. Sarà l’occasione per “lanciare l'idea della costruzione di una grande rete democratica e antifascista che rimetta al centro il lavoro e la giustizia sociale in tutto il mondo”.