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Nelle aule italiane ci sono 300.000 ragazzi con disabilità. Si tratta del 3,5% dell’intera popolazione scolastica e risulta, questa presenza, in costante incremento: il 6% ogni anno, secondo quanto certificato dall’Istat. Ma l’accoglienza, seppur imprescindibile, non basta: se prendiamo in considerazione gli altri due step fondamentali – quelli che riguardano inclusione e integrazione – la situazione diventa molto problematica, soprattutto in alcuni territori del paese, spiega a Collettiva Manuela Calza, segretaria nazionale della Flc Cgil che a questo tema dedicherà un importante seminario di approfondimento il prossimo 2 febbraio.
A cominciare dagli aspetti più elementari: “Solo una scuola su tre – denuncia Calza – è pienamente accessibile ad alunni con disabilità motoria. Se poi pensiamo agli ausili per chi ha problemi senso-percettivi, ebbene gli istituti che sono in grado di fornirli sono pochissimi. Insomma, la situazione è difficile, aldilà della grande capacità di progettazione e della professionalità spesso messa in campo dalla comunità educante”.
Difficoltà che ovviamente si moltiplicano per i più fragili, i più esposti nella situazione pandemica che stiamo attraversando. E qui soccorrono ancora una volta i dati dell’Istat: lo scorso anno uno studente su quattro con disabilità non è riuscito a partecipare alla didattica a distanza. Fa riflettere anche l’articolazione territoriale: la quota degli alunni con disabilità esclusi dalle lezioni è molto più significativa nelle regioni del Mezzogiorno dove si attesta al 29 per cento.
“Una situazione – chiosa Calza – che avrebbe richiesto di programmare la partenza del nuovo anno scolastico in modo da recuperare le opportunità perse. Le cose sono andate purtroppo in maniera del tutto diversa: abbiamo avuto i soliti ritardi nelle nomine degli insegnanti, con alunni costretti a ridurre la frequenza per le carenze in organico. In aggiunta, questo continuo stop and go di aperture e chiusure ha creato una disorganicità nei percorsi che ha fatto crescere instabilità e insicurezza, con ricadute pesanti sulla formazione e il benessere di tutte le ragazze e dei ragazzi ma, ovviamente, particolarmente dolorose per i più deboli”.
Tra i dati più drammatici quelli che riguardano il sostegno. Non solo gli organici sono insufficienti e più della metà dei posti sono occupati da precari – con tutto ciò che ne deriva in termini di continuità didattica –, ma il 37 per cento di questi non ha la specializzazione, con punte che superano addirittura il 50 per cento al Nord. Non solo, sottolinea la sindacalista della Flc: “Gli assistenti all’autonomia e alla comunicazione che aiutano i disabili non hanno profili e parametri omogenei a livello nazionale e questo crea ancora una volta grandi disomogeneità territoriali”.
In conclusione, per Calza, se la scuola italiana accoglie tutti, inclusione e integrazione incontrano ostacoli “spesso insormontabili”. Per questo bisogna agire su diversi piani, conclude: “Dotare gli studenti disabili di tutti gli strumenti necessari per apprendere, e realizzare investimenti strutturali per costruire un sistema capace di accogliere e valorizzare tutte le diversità”.