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La pace che non c’è, che è invocata da gran parte della società civile, che non è tra le priorità delle politiche nazionali e internazionali. È un tema centrale e trasversale, perché attraversa e permea tutti gli altri, quello della pace nella Via Maestra, la cordata di oltre cento associazioni tra cui la Cgil, che si sta mobilitando in difesa della Costituzione e che sabato prossimo, 25 maggio, torna in piazza a Napoli per una seconda manifestazione nazionale dopo quella di Roma del 7 ottobre scorso.
Perché in questi mesi al conflitto in Ucraina si è affiancato quello in Medio Oriente, che ha riacceso una guerra decennale mai sopita e trascurata negli ultimi anni dalla diplomazia internazionale.
“Purtroppo il 7 ottobre è diventata una data infausta – afferma Emiliano Manfredonia, presidente delle Acli nazionali -, il giorno dell’attacco scellerato di Hamas, in conseguenza del quale ancora una volta ha vinto la violenza e non la democrazia. Uno Stato democratico come dovrebbe essere Israele sta perpetrando attacchi su tutto il territorio palestinese con una reazione che definire spropositata è dire poco. Oltre a non togliere di mezzo i facinorosi, ha come effetto quello di riaccendere l’odio. Si sta distruggendo ogni speranza di trovare e mettere in atto una soluzione equa in quei luoghi, quella di due popoli, due Stati, e la politica internazionale sta dimostrando tutta la sua debolezza”.
Corsa al riarmo
Mentre si fa sempre più forte il rischio di una guerra generalizzata nel mondo, mentre proseguono e si allargano i bombardamenti e la carneficina, si intensifica la corsa globale al riarmo: 2.443 miliardi di dollari nel 2023, con un incremento del 6,8 per cento rispetto al 2022, secondo l’Istituto internazionale di ricerche sulla pace di Stoccolma (rapporto 2024). Un aumento che non ha avuto alcun esito sulla risoluzione dei conflitti né sulla riduzione delle tensioni.
“Questa corsa al riarmo sta determinando un cambio di priorità nel bilancio degli Stati – spiega Sergio Bassoli, dell’area internazionale della Cgil -. Mentre il lavoro diventa ancora di più un’occasione di sfruttamento delle persone, le politiche sociali e quelle di contrasto al cambiamento climatico vengono messe in secondo piano. Nel frattempo, si fa una gara per creare quella paura e quel panico nella popolazione tali da giustificare gli investimenti militari, sia nella ricerca che nella produzione: è questa la follia del momento che stiamo vivendo. Ma guerra chiama guerra. E a pagare due volte sono le vittime, donne e bambini”.
Le vittime al centro
La posizione che le associazioni, gli enti, le organizzazioni promotrici della Via Maestra hanno voluto assumere tiene conto della complessità delle situazioni, mette al centro le vittime, si schiera a favore delle persone, vuole garantire assistenza alle popolazioni oppresse, chiede alle istituzioni di non reagire con lo stesso strumento, ovvero con le armi.
“Dopo l’invasione russa abbiamo impostato le nostre mobilitazioni chiedendo il cessate il fuoco – prosegue Bassoli -. E anche oggi dopo il 7 ottobre la parola chiave è la stessa. Bisogna tornare a ragionare e a riprendere il cammino del negoziato. Purtroppo però l’opinione pubblica ma soprattutto le istituzioni sembrano avere più dimestichezza con la guerra che con il diritto internazionale”.
Europa debole
“Questa situazione ci ha mostrato anche la debolezza dell’Europa che non ha un pensiero strutturato in fatto di politica internazionale e non parla con una sola voce – aggiunge Manfredonia -. Il tema della pace in Italia è anche il tema di come vengono trattati i pacifisti. Prima eravamo gli amici di Putin, oggi siamo gli amici dei terroristi. Non si riesce a fare un ragionamento serio, dicono che siamo dei sentimentali. Noi invece ai candidati alle europee abbiamo chiesto qual è la loro posizione sulla pace”.
La riforma dell’export di armi
Affermare la voce e le ragioni di chi si oppone alla guerra in Italia sta diventando sempre più difficile, anche in parlamento. A fine febbraio è stato approvato in aula al Senato in via definitiva un disegno di legge governativo che mira a modificare in maniera peggiorativa la normativa sull’esportazione di armi (legge 185/90), una riforma che ha come obiettivo favorire affari armati potenzialmente pericolosi e dagli impatti altamente negativi e togliere trasparenza alle attività di export.
L’Italia ripudia la guerra
“La Via Maestra è un modo diverso di dire Costituzione, che all’articolo 11 ripudia la guerra – conclude Manfredonia delle Acli -, un articolo scritto da persone che la guerra l’hanno dovuta fare e che hanno messo questo principio nero su bianco. Lo stesso principio nel quale ci ritroviamo noi associazioni e che chiediamo venga applicato”.