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Plurale, inclusiva, rumorosa, accogliente, spontanea, positiva, vigorosa, avvolgente. Aggiungete voi l’aggettivo che più vi piace, ma percorriamola insieme questa via maestra. Senza pregiudizi o preconcetti. Facciamoci trasportare dall’energia contagiosa di mondi e culture apparentemente distanti ma che solo stando insieme riescono a sprigionare quella vitalità necessaria per andare avanti. Affinché nessuno resti indietro.
Contaminiamoci. Assaporiamo le varie forme della democrazia. Spalanchiamo gli orizzonti. Facciamoci cullare tra le braccia della nostra Costituzione. Rincorriamo utopie, rendiamole possibili. Condividiamo passioni mai sopite. Esorcizziamo le fobie trasformandole in speranze. Vitalizziamo il presente invertendo la rotta di una quotidianità troppo asfittica.
Accodiamoci ai cortei. Mischiamoci tra la gente in piazza San Giovanni. Assaporiamo gli umori e i dissapori del Paese reale e più realista del re. Anzi della regina che abbarbicata nei palazzi del potere vede un mondo patinato e perfetto. Facciamo capire a lei e alla sua corte che c’è un’altra Italia che non si piega e non mangia la pesca avvelenata servita sul piatto della becera propaganda.
E osiamo. A questa società serve più coraggio. Serve uno stimolo per non soccombere. Il rischio della resa, dell’assuefazione, del compromesso a ribasso è la vera malattia da curare in tempi bui e contorti come questi. “Nessuno si salva da solo” non è solo uno slogan azzeccato da ripetere nelle grandi occasioni, ma un impegno concreto e costante da coltivare per renderlo davvero effettivo.
Il precario che non arriva alla fine del mese deve preoccupare anche chi un lavoro stabile ce l’ha. La paura del ragazzo per il pianeta prossimo all'estinzione deve essere un monito collettivo. E chi si batte per la pace, per il diritto alla salute e all’istruzione, per la giustizia sociale, chi predica solidarietà, accoglienza, uguaglianza non può non trovarsi uno accanto all’altro. Oggi sulle barricate, domani chissà.
Storie diverse, percorsi simili, traguardi comuni. Perché, come diceva l’antropologo britannico Gregory Bateson, “la saggezza è saper stare con la differenza senza voler eliminare la differenza”. Nella società dei muri, dei fili spinati, delle piccole patrie e delle troppe solitudini è questa la sfida da vincere. E l’unica via maestra da percorrere.