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Costituzione italiana, articolo 9: "La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della nazione. Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali".
Nessun luogo è ormai al riparo dagli impatti del riscaldamento globale: siamo dovuti arrivare al disastro conclamato perché la percezione della crisi climatica e ambientale diventasse un fatto comune. Decenni di negazionismo, immobilismo e ora il greenwashing generalizzato hanno esasperato la crisi, e minacciano non solo gli ecosistemi e la biodiversità, ma anche le persone e le nostre conquiste sociali.
Le devastazioni climatiche, con le loro conseguenze, dall’aumento dei prezzi alle migrazioni, mettono a dura prova, e sempre più lo faranno, la coesione delle nostre società e l’esistenza stessa della democrazia.
La consapevolezza di questi rischi, tuttavia, non è ancora generale. Alluvioni disastrose, come quelle delle Marche e dell’Emilia-Romagna, e l’estate più calda mai vissuta dall’umanità, col suo corollario di incendi e danni alle produzioni agricole (e conseguente aumento dei prezzi) non impensieriscono chi ci governa.
Anzi, tra politici, ministri e commentatori compiacenti è una gara a negare, ridimensionare, sovvertire l’evidenza. Che è quella di un legame inestricabile tra il degradarsi delle condizioni di vita, economica e sociale, e l’accentuarsi della crisi ambientale.
Sembra che la tutela dell'ambiente, garantita (finalmente) dalla nuova versione dell’articolo 9 della Costituzione, dia quasi fastidio. Di fronte a tutto questo, alla crescente repressione dei movimenti climatici, all’aumento delle spese militari e degli investimenti in infrastrutture fossili, è doveroso resistere, inchiodare alle proprie responsabilità governi e aziende come Eni che continuano a promuovere i combustibili fossili senza sviluppare alla velocità necessaria le fonti rinnovabili.
La via maestra, siamo convinti a Greenpeace, è quella di accelerare la transizione ecologica ed energetica. Una transizione giusta, che tuteli i diritti e il lavoro, e necessaria: eliminare la nostra dipendenza dai combustibili fossili, senza false soluzioni come la cattura e lo stoccaggio del carbonio, o il nucleare, incentivare le fonti rinnovabili, accelerare su batterie e idrogeno, superare modelli agricoli e di allevamento che contribuiscono a riscaldare il Pianeta non è semplicemente urgente, ma imperativo. Dobbiamo. Difendendo, allo stesso tempo, le nostre libertà e il nostro futuro.
Andrea Pinchera è direttore della comunicazione e delle relazioni di Greenpeace Italia