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Quella di domenica è stata una giornata particolare. Si è votato in due regioni europee, in Umbria e in Turingia, nell'ex Germania dell'Est. I due risultati complicano la vita ai governi nazionali, e parlano della difficoltà dei cittadini e dei lavoratori nell’attraversare la fase economica e sociale che stiamo vivendo. In Umbria ha vinto il centrodestra con 20 punti di scarto rispetto sul centrosinistra. In Turingia il partito che si rifà all'estrema destra ha conseguito il 23% dei voti. “Oggi rischiamo di parlare dell'inverno del governo italiano. È una delle conseguenze più negative del voto di ieri. Dopo il confronto che abbiamo avuto con l’esecutivo, infatti, avevamo registrato una novità positiva, almeno sul piano metodologico.” A dirlo ai microfoni di RadioArticolo1 è Franco Martini, presidente del direttivo nazionale della Cgil.
“Avevamo bisogno di inaugurare una nuova fase di medio-termine – continua –, perché i sindacati avevano chiesto al presidente Conte di avviare i tavoli per un confronto proiettato sui prossimi tre anni di lavoro. Avevamo bisogno, insomma, di entrare in una fase di massima concretezza sui temi centrali della vita di questo Paese, cominciando da quelli che riguardano il mondo del lavoro. Dalle crisi aziendali alla mancanza dello sviluppo. Avevamo bisogno di passare dalle parole ai fatti”. È ovvio, quindi, che il risultato elettorale in Umbria “rischia, se non di paralizzare il governo, almeno di consegnarci una macchina frenata. E questa non è una buona notizia per gli italiani”.
Detto questo, per Martini, “non c’è dubbio che sul voto in Umbria pesino diversi fattori. A cominciare da tutte le polemiche sorte attorno alla manovra del governo, che hanno fortemente penalizzato la coalizione che ha sostenuto il candidato Pd-5 stelle”. Ma soprattutto una domanda, a giudizio di Martini, dovrebbe porsi oggi il centrosinistra: “Perché le forze che rappresentano gli interessi degli strati popolari, dei lavoratori, e che hanno come obiettivo la coesione sociale in Italia non riescono mai ad avviare una riflessione?”. Per Martini bisogna, invece, ripartire dai “valori fondanti della sinistra, a cominciare dal lavoro”. Senza questa riflessione “si porterà rapidamente alla dissoluzione di un grande patrimonio storico”.
L’Umbria, in effetti, è una regione con una tradizione operaia fortissima, la regione delle Acciaierie di Terni. “Ma è anche una regione che patisce la difficoltà nel lavoro, come conseguenza del terremoto di 3 anni fa, e che ancora non vede concretizzarsi la ricostruzione e il rilancio dello sviluppo”. “Il lavoro – spiega Martini – è tornato centrale anche nella narrazione del centro-destra. Oramai sono anni che, non solo in Umbria, ma in tutto il Paese, la destra ha scippato alla sinistra i temi fondamentali. Il lavoro è in cima a questo elenco, ma c’è anche il disagio e la disperazione delle persone”. Per il sindacalista è come se “la sfida della competizione qualitativa non appartenesse a una visione di sinistra. Oggi litighiamo sull’ossessione dei porti chiusi, ma abbiamo altre ossessioni alle spalle: quella della liberalizzazione del mercato del lavoro, della soppressione dell'articolo 18, mai richiesto da nessun imprenditore che voglia fare l'imprenditore veramente”.
Preoccupa in particolare che “un Paese colpito da un terremoto non abbia saputo fare della ricostruzione un banco di prova dell'efficacia della pubblica amministrazione, facendo un investimento qualitativo nel settore delle costruzioni e nel ripensamento anche della qualità delle abitazioni”. “Abbiamo sprecato delle grandi opportunità – conclude Martini – perché manca una visione di prospettiva e non si riesce a chiudere definitivamente con la stagione della disintermediazione. È chiaro che se la sinistra continuerà a governare senza avere il valore aggiunto delle competenze, delle sensibilità, della rappresentatività dei soggetti che potrebbero dare un grosso contributo alle politiche di sviluppo, non andrà da nessuna parte”.