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Nel silenzio quasi generale il ministro dell’Istruzione e del merito, Giuseppe Valditara, sta provando a cambiare gli assetti della scuola superiore secondaria italiana. E lo fa a colpi di decreti, disegni di legge e provvedimenti random che inaspriscono in senso punitivo la disciplina. Sullo sfondo l’autonomia differenziata, la sortita leghista sulle gabbie salariali per i docenti del Sud e il dimensionamento scolastico che nei prossimi anni taglierà migliaia di scuole autonome.
Il senso di questo disegno si può riassumere sinteticamente in alcuni nodi chiave: scuola sempre più piegata alle esigenze del mercato e delle imprese, riduzione del tempo scuola, ordine e disciplina. Riducendo ancor più all’osso, istruzione intesa come addestramento al lavoro.
Su Collettiva ci siamo già occupati della nuova filiera tecnico-professionale e del liceo del made in Italy. Ultimo tassello di questo disegno, ma solo in ordine cronologico, la riforma dell’istruzione tecnica che per ora, ci dice Graziamaria Pistorino, segretaria nazionale Flc Cgil, “secondo quanto comunicato alle organizzazioni sindacali, è stata rimandata all’anno scolastico 2025-26.
Ma cosa prevede questa riforma? Innanzitutto, spiega Pistorino, una premessa: “La proposta è figlia del Pnrr e parte da un progetto del ministro Bianchi: questo per dire che, purtroppo, questa idea lavoristica della scuola attraversa governi e ideologie, non è specifica di questo esecutivo”.
Una formazione con meno cultura
Nel dettaglio, il riordino (in attuazione del Dl 144/22) prevede la conferma dell’attuale scansione degli istituti tecnici: due bienni e un anno finale. Solo che nel primo biennio ci sarà un taglio di 99 ore sulle materie di istruzione generale, che passano da 1.320 a 1.221 Una decisione grave. Si potranno perdere quegli insegnamenti, come la storia ad esempio, che formano il cardine della scuola della Costituzione, quella che forma cittadini consapevoli e culturalmente attrezzati. Aspettiamo di vedere i quadri orari dettagliati, ma già da questo schema si perderanno ben 3 ore a settimana.
Ma non solo: “Uno degli attuali punti di forza di questo segmento – ci spiega la sindacalista – è quello di avere quasi un biennio unico per tutti gli indirizzi degli istituti tecnici, che consente ai ragazzi di maturare le proprie scelte in base alle esperienze scolastiche e formative già realizzate e non a 13, ma a 15 anni. Così invece si propone un modello di scuola con una canalizzazione sempre più precoce”.
Questo schema viene replicato nel quinto anno, quello conclusivo, dal quale, attacca Pistorino, “vengono tolte altre 99 ore dall’area linguistica. Il disegno è chiaro: impoverire la formazione culturale di questi ragazzi con un’idea precisa: preparatevi al lavoro che se siete fortunati riuscirete a trovare, pensate all’addestramento pratico e manuale, tanto la cultura non serve”.
E poiché tutto si tiene, nonostante gli incidenti anche tragici e il rigetto quasi unanime del mondo della scuola, i Pcto, cioè la vecchia alternanza scuola-lavoro, viene addirittura anticipata al secondo anno. Ancora Pistorino: “Quindi non solo si diminuisce la formazione generale, ma si catapultano questi ragazzi, ancora molto giovani e acerbi, inesperti, nei luoghi di lavoro, con tutti i rischi e i limiti del caso”.
Una riforma, tra l’altro, di cui non si avvertiva nessuna esigenza visto l’ottimo stato di salute di cui godono i tecnici che da dieci anni coprono stabilmente il 30% delle iscrizioni, nonostante le insidie di molti nuovi indirizzi liceali come quello d sportivo o come il tentato rilancio dei professionali riformati nel 2018 e che invece continuano a calare. Il riordino dei tecnici rischia di danneggiare anche questo settore.
I privati nella scuola
Ma c’è un’altra chicca degna di nota. Nel nuovo ordinamento dei tecnici è previsto l’innalzamento dal 20 al 25% della parte autonoma dei curriculi, cioè di quella sezione dei programmi che le singole scuole possono decidere. Per la dirigente della Flc si tratta di una “deriva localistica, una torsione sulle imprese del territorio con un’istruzione che si piega alle esigenze delle aziende, esattamente come sta accadendo per la nuova filiera tecnico-professionale”.
Si vuole realizzare una formazione immediatamente spendibile rispetto alle esigenze delle aziende, si badi bene: perché oggi le competenze professionali richieste dal mercato cambiano in continuazione e dunque una formazione troppo specifica ai futuri lavoratori serve a poco, mentre per la formazione aziendale delle imprese è tutto più facile: nessun piano di formazione permanente, basterà loro sostituire la manodopera, attualmente presente sul mercato, con i neodiplomati “pre-formati” grazie alla curvatura dei contenuti del curriculo. Quindi si tratterà di contenuti diversi da territorio a territorio, da regione a regione, con la frammentazione dell’offerta formativa delle scuole del Paese.
L’autonomia differenziata camuffata
In sostanza, in attesa del ddl Calderoli, per Pistorino “assistiamo a un deciso passo avanti verso la regionalizzazione della scuola, con tutte le conseguenze che si potranno avere anche sugli organici e sul lavoro del personale”.
Come se non bastasse, il disegno prevede poi l’istituzione, non obbligatoria, di un comitato tecnico-scientifico in cui possono essere presenti soggetti provenienti dal tessuto economico del territorio. Tra questi, ovviamente, anche le imprese. “Non si tratta solo di esperti esterni – attacca Pistorino – che possono essere chiamati a supporto su alcune discipline e che ci sono sempre stati, ma solo se e quando lo decide la scuola. Questo comitato può intervenire sulla programmazione didattica definendo i programmi e usurpando le prerogative degli organi collegiali, a partire dal collegio dei docenti, una cosa gravissima”.
Va ricordato, per inciso, che per il liceo del made in Italy è prevista una Fondazione impresa e competenza, costituita dai ministeri delle Imprese e del made in Italy e dell’Istruzione e merito. Ebbene questa fondazione – di cui possono far parte anche soggetti privati – ha il compito di determinare gli obiettivi strategici del nuovo indirizzo, fornirà insomma gli orientamenti culturali degli ordinamenti di un indirizzo scolastico. E anche in questo caso è previsto il potenziamento dei Pcto e persino l’introduzione dell’apprendistato a 15 anni, a discapito delle scienze umane.
Il decreto del 7 dicembre
Si diceva dell’interconnessione di questo puzzle che punta a minare l’attuale ordinamento della scuola secondaria superiore. Se ne è avuta la prova plastica il 7 dicembre quando, pure con il parere contrario del Cspi (il Consiglio superiore della pubblica istruzione), è stato emanato il Dm 240/2023 relativo alla sperimentazione quadriennale della filiera tecnologico-professionale. Un colpo di mano vero e proprio, visto che anticipa un disegno di legge di cui si sta discutendo in Senato.
Ma a questa sperimentazione quadriennale, spiega Pistorino, “possono aderire anche licei e istituti tecnici: sono pezzi di un mosaico con i quali si sta tentando di forzare un radicale cambiamento in senso privatistico e localistico del nostro sistema d’istruzione – con una grave riduzione del tempo scuola – e a cui il mondo della scuola si opporrà con forza”.