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Lo spettro di un nuovo autoritarismo si aggira sull’Italia. Il Parlamento, con un colpo di mano preordinato, ha approvato in prima lettura una riforma della magistratura che si configura come un attacco senza precedenti all’indipendenza della giustizia.
Dietro la retorica delle riforme si nasconde un obiettivo nefasto: subordinare magistrate e magistrati al potere esecutivo, annullando il principio di uguaglianza davanti alla legge. Il governo, con la solita sprezzante arroganza, dimostra ancora una volta il suo fastidio per l’equilibrio tra i poteri costituzionali e la tutela dei diritti fondamentali.
Non si tratta di un caso isolato, ma di un piano organico che mina le fondamenta della nostra democrazia. Dalla proposta di premierato che concentra il potere nelle mani di un solo individuo, all’autonomia differenziata che rischia di frammentare il Paese, fino alla riforma della magistratura che cancella ogni parvenza di indipendenza giudiziaria: tutto si muove nella stessa direzione.
La separazione delle carriere tra giudicanti e inquirenti, lo sdoppiamento del Csm, la creazione di un’Alta Corte per giudicare l’operato dei magistrati: questi non sono strumenti per rendere più efficiente la giustizia, ma vere e proprie manovre di controllo che mettono a tacere il dissenso. La figura del presidente della Repubblica, storicamente garante della magistratura, viene ridimensionata, privandola di un ruolo chiave nella difesa dell’ordine democratico.
Nel frattempo, il governo avanza con una politica repressiva senza precedenti. Dopo i decreti Cutro e Caivano, il cosiddetto disegno di legge sicurezza segna un’ulteriore deriva autoritaria, comprimendo diritti fondamentali e libertà civili. Criminalizzare il dissenso, reprimere le proteste sociali e sindacali, introdurre reati assurdi: sono tutte strategie di chi teme il confronto e cerca di soffocare chi la pensa diversamente.
La giustizia italiana ha bisogno di ben altro: investimenti, organici adeguati, strutture efficienti. Ma invece di affrontare i veri problemi, si preferisce trasformare la magistratura in un organo servile, utile solo a proteggere i potenti e a punire i più deboli.
Di fronte a questo scenario, fa bene la Cgil a schierarsi con forza al fianco di magistrati, avvocati e lavoratori della giustizia, sostenendo le mobilitazioni in difesa della Costituzione e della democrazia. La lotta culminerà con lo sciopero della magistratura il 27 febbraio, ma non si fermerà lì: il vero obiettivo è restituire al Paese una giustizia indipendente, forte e realmente al servizio dei cittadini.