“Per affrontare la crisi post Covid serve una strategia di lungo periodo: investire sulle infrastrutture materiali e immateriali, sulle transizioni digitali ed energetiche, sulle competenze, nel rispetto dell’ambiente e del territorio, dando risposte al bisogno di tutela sociale cresciuto con la pandemia. E potremo farlo solo spendendo nel migliore dei modi le risorse pubbliche”. A parlare è Pino Gesmundo, alla guida della Cgil Puglia da quattro anni. “Abbiamo elaborato una piattaforma con sette proposte operative e chiunque governerà la Regione dopo il 21 settembre dovrà confrontarsi sulla base di quelle che per noi sono le priorità. In questo tempo non abbiamo mai smesso di chiamare ogni protagonista economico, sociale e istituzionale alle proprie responsabilità, in una logica di confronto e rispetto dei ruoli”. Anche in questa regione, mentre si era ancora impegnati a uscire dalle secche della crisi del 2008, è scoppiata l’emergenza sanitaria, che se un merito può avere è quello di spingere ad affrontare in modo strutturale le fragilità di questo Paese, mettendo a valore le cose positive. E in Puglia ce ne sono tante, sia di debolezze che di eccellenze.
Il quadro politico, ammette Gesmundo, non è indifferente. “Con la giunta Emiliano, come con tutte le istituzioni, il confronto non è mai stato acquiescente o conflittuale per partito preso, ma sempre di merito e con un unico obiettivo: migliorare le condizioni dei lavoratori, dei cittadini, del sistema delle imprese, dei servizi, per rendere la Puglia una regione più vivibile, più attrattiva. Lo abbiamo fatto quando grazie alla nostra azione la Regione ha corretto l’impostazione sulle politiche abitative o aggiustando la rotta sulle politiche di sostegno alle imprese in una logica che premiasse innovazione e occupazione”. Come potrebbe un aggregato politico venato di antieuropeismo fare gli interessi del territorio, coordinarsi con il livello europeo e nazionale, quando i fondi comunitari costituiscono il 90 per cento del bilancio regionale? E poi negherebbe, questa cultura sovranista, fatta di muri e divisioni, una storia della Puglia terra accoglienza, di pace e di dialogo tra culture, ponte tra Europa e Mediterraneo. Non è questione di persone ma di politiche, quindi.
Si parte dal lavoro nella piattaforma che la Cgil pugliese ha presentato solo pochi giorni fa alla presenza del segretario generale Maurizio Landini e di quattro ministri del governo Conte. “Un’economia cresce se valorizza la risorsa più importante che è la conoscenza delle persone - aggiunge Gesmundo -. Immaginiamo un nuovo ruolo dello Stato a partire dalle grandi aziende a capitale pubblico (da noi hanno un peso importante realtà come Leonardo, Eni ed Enel) e un ruolo centrale per l’industria. Perché la Puglia è terra di agroalimentare e turismo, ma nella creazione di occupazione, soprattutto qualificata, e nei processi di innovazione gioca un ruolo determinante”.
Il primo passo non può che essere una riconciliazione tra produzione e ambiente: la Puglia ha pagato un prezzo altissimo in termini di inquinamento e salute di lavoratori e cittadini. Il pensiero corre subito all’ex Ilva che è asset strategico nazionale non solo per questa regione. “Noi crediamo che la produzione vada salvaguardata procedendo alla decarbonizzazione – sostiene il segretario pugliese -. L’Europa, nell’ambito del programma per la riduzione delle emissioni ha messo in campo notevoli risorse che possono consentire anche la transizione energetica del sito di Taranto. Occorre quindi che il governo attivi quelle risorse rese disponibili e predisponga tutte le misure, politiche attive del lavoro, percorsi formativi, interventi di welfare, per evitare che tale processo abbia ricadute negative sui livelli occupazionali. Serve ed è giusta la partecipazione dello Stato in questi che sono asset strategici per il Paese”.
Tra le proposte della Cgil Puglia, un massiccio intervento su tutto il sistema della logistica e della portualità, due assi fondamentali da implementare e sviluppare per aprirsi verso nuovi mercati ed accrescere la competitività dei prodotti e delle imprese locali. Quindi, interventi per la messa in sicurezza del territorio, soprattutto le aree interne, gli habitat naturali e le coste, che sono tra i punti di forza del turismo. Non meno importante di quella energetica per la Puglia è la transizione digitale e lo sviluppo della rete 5G, per le imprese ma anche i cittadini.
L’altro grande filone produttivo su cui poggia lo sviluppo della Puglia è il settore agroalimentare. “Vantiamo – spiega Gesmundo – una straordinaria biodiversità, il comparto pesa per un quarto sul Pil regionale, ma anche qui serve investire su produzioni d’eccellenza, far crescere reti di commercializzazione per intercettare valore aggiunto che altrimenti va in altri territori, farla finita con lo sfruttamento del lavoro così come serve affrontare l’emergenza Xylella. Infine affrontare il tema della progressiva desertificazione, completando gli schemi idrici e valorizzando a livello industriale una grande risorsa qual è l’Acquedotto Pugliese. E poi, ancora, il ruolo delle Pmi, il tema della ricerca e di come legare università e centri di eccellenza al sistema delle imprese, come valorizzare eccellenze quali meccatronica, farmaceutica, informatica. Serve una strategia complessiva, non interventi spot”.
Soprattutto serve affrontare i temi dello sviluppo e della crescita, sapendo che le politiche territoriali non sono avulse dalle scelte politico-economiche nazionali ed europee. “Di contro ci aspettiamo interventi dai livelli nazionali che vadano nella direzione della riduzione della frattura Nord-Sud - conclude Gesmundo - e delle disuguaglianze sociali. O il Paese esce dalla crisi unito e coeso, o sarà difficile per tutti”.
*Ufficio stampa Cgil Puglia