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A volte quelli che sembrano particolari si rivelano fondamentali per comprendere cose essenziali. Ad esempio, nella legge di bilancio non compare mai la parola “giovani”. In fondo non sorprende perché, commenta duramente la Cgil, “le nuove generazioni sono assenti nella visione che questo governo ha del nostro Paese”.
Eppure, come è noto, l’Italia con una percentuale di Neet – giovani che non lavorano, non studiano, non si formano – che supera il 20%, l’Italia è sempre più fanalino di coda europeo.
Non solo: alcune Regioni continuano a registrare tassi di dispersione scolastica che doppiano la media europea, mentre in alcune aree del Paese questo dato supera addirittura il 30%. A fronte di questo, e anche a tassi di laureati bassissimi in Europa, non c’è nulla per il diritto allo studio e, se ci proiettiamo in avanti nel tempo di vita, nessuna novità circa un sistema pensionistico che non permetterà ai giovani di andare in pensione con un assegno dignitoso.
"Questa legge di bilancio ha in un certo verso una visione di Paese rivolta al passato, non è così che si affrontano le sfide poste dal XXI secolo – commentano da corso d’Italia”, ed è chiaro che in questo modo “a pagare il prezzo più alto della miopia della destra al Governo saranno le nuove generazioni”.
Per la Cgil “manca un intervento strutturale perché manca un’idea su come costruire una società coesa, inclusiva, giusta. La condizione delle e dei giovani del nostro Paese si migliora a partire dai luoghi in cui le persone vivono: ma è ormai chiaro che non c’è da parte di questo Governo la volontà di intervenire seriamente sulle periferie, sul Mezzogiorno, sulle condizioni dei più fragili”.
Così come “manca la capacità di affrontare in maniera seria le grandi sfide poste dai cambiamenti epocali cui stiamo assistendo: a pagare il prezzo di questa incapacità saranno le nuove generazioni”.
La questione giovani intercetta anche la questione migranti, ma il fenomeno, rimarca la Cgil, “viene trattato come un tema che pertiene alla sicurezza, senza comprendere che invece la sfida si pone sul piano dell’inclusione, delle culture, del naturale cambiamento del quadro demografico del nostro Paese che impone la necessità di ripensare il tessuto identitario e quindi le politiche culturali”.
Anche perché gli immigrati sono nuovi cittadini, i giovani di seconda e terza generazione, sono gli italiani del XXI secolo, “ma nessuna politica di ampio respiro viene messa in campo per garantire che sul piano sociale, lavorativo, culturale ed economico il nostro Paese, il nostro sistema sanitario, le nostre città, le nostre scuole, siano liberi da discriminazioni e siano realmente inclusivi e giusti per tutte e tutti”, conclude la Cgil.