“Erano tutti pietrificati, immobili”. Così ha descritto la moglie di Satnam Singh la reazione di chi ha assistito all’amputazione del braccio del marito in una macchina agricola che ha poi portato alla sua morte. Sono parole che descrivono un clima di paura che sfiora la connivenza nel reato di cui è accusato il datore di lavoro, Antonello Lovato, arrestato e tradotto in carcere (dopo due settimane dall’accaduto) per omicidio colposo aggravato dai magistrati in omicidio doloso con dolo eventuale.

Sono le circostanze e la reazione di Lovato stesso a portare il gip Giuseppe Molfese a parlare di condotta disumana dell’imprenditore. Satnam avrebbe potuto salvarsi se fosse stato tempestivamente soccorso. Un soccorso che dovrebbe risiedere nell’istinto di qualsiasi essere umano davanti a un incidente tanto cruento.

Invece non è andata così: “"Prescindendo da valutazioni etiche (irrilevanti per il diritto penale) - scrive Molfese - che pure si imporrebbero a fronte di una condotta disumana e lesiva dei più basilari valori di solidarietà, non può sottacerti che l'indagato si è intenzionalmente e volontariamente disinteressato delle probabili conseguenze del suo agire". Vale a dire la morte del lavoratore.

L’orrore 

È prevalso il bisogno di proteggersi e occultare le irregolarità delle quali si è macchiato Lovato, lo sfruttamento di braccianti stranieri costretti a lavorare in condizioni di illegalità. Il racconto della vedova lo conferma. Dopo le sue insistenze il marito è stato caricato su di un furgone per trasportare gli ortaggi e con lui una cassetta di plastica nella quale è stato posto il braccio amputato.

A nulla è valso che lei chiedesse di chiamare il pronto soccorso, perché sono stati scaricati entrambi, con la macabra cassetta, davanti alla loro abitazione e Lovato “si è dato alla fuga”, ha affermato il gip. I medici legali hanno accertato che la vittima è morto per uno shock emorragico dovuto l'amputazione dell’arto: "Fosse stato tempestivamente soccorso - hanno scritto i pubblici ministeri - l'uomo si sarebbe con ogni probabilità salvato".

Non un caso, ma un sistema illegale 

Rimane difficile, se non impossibile, liquidare la disumanità dichiarata dal magistrato come legata a un singolo episodio, in una terra dove il caporalato la fa da padrone, dove sono stati scoperti episodi vera e propria schiavitù, con lavoratori nutriti con gli scarti dei pranzi destinati agli animali da cortile. Anche questa è disumanità, ed è diffusa.

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Si potrebbe stilare un elenco delle complicità e delle omertà, nel quale toccherebbe fare entrare, in modo indiretto, anche le istituzioni che non hanno garantito i necessari controlli sul territorio per impedire l’illegalità e lo sfruttamento. Basti anche pensare alla vicenda della ditta di Lovato. Non solamente il padre dell’imprenditore, Renzo Lovato (l’uomo che a caldo parlò di una leggerezza commessa da Satnam e pagata da tutti), era indagato dal 2019 per reati di caporalato e sfruttamento della manodopera, ma è emerso che l’azienda del figlio ha ricevuto in questi anni centinaia di migliaia di euro di finanziamenti garantiti dallo Stato italiano, incassando anche fondi europei.

Flai: Il governo attivi i protocolli

Uno scandalo, come lo definisce la Flai Cgil. “Questo ci dice quanto sia urgente attivare tutti i protocolli per rendere operativa la condizionalità sociale della Politica agricola comune, con la supervisione dei sindacati, per fare in modo che i fondi pubblici europei vengano erogati solo alle ditte che rispettano le normative sul lavoro – dice Davide Fiatti, segretario nazionale della Flai –. Invece, da parte del governo e del ministero delle Politiche agricole non vediamo alcuna reale attivazione per invertire una tendenza allo sfruttamento in agricoltura ormai storicizzata, nonostante esistano gli strumenti per impedirla”.

Per i finanziamenti è necessario “superare le asseverazioni di conformità con cui i titolari si fanno certificare dai propri consulenti del lavoro di essere in regola, perché anche Lovato certificava la propria conformità a ricevere finanziamenti, lo scandalo è l’assenza di controllo».