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Il 6 ottobre del 1938 il regime guidato da Benito Mussolini emana una dichiarazione che presto sarà trasformata in Regio decreto. I matrimoni misti sono vietati, agli ebrei sono interdetti il servizio militare, la proprietà di aziende e beni oltre un certo valore, di lavorare presso enti pubblici e istituti bancari e assicurativi. Il tutto per evitare “incroci e imbastardimenti”.
Il Gran Consiglio del Fascismo
“Il Gran Consiglio del Fascismo – conclude la Dichiarazione – mentre nota che il complesso dei problemi razziali ha suscitato un interesse eccezionale nel popolo italiano, annuncia ai fascisti che le direttive del Partito in materia sono da considerarsi fondamentali e impegnative per tutti e che alle direttive del Gran Consiglio devono ispirarsi le leggi che saranno sollecitamente preparate dai singoli ministri”.
Durante la seduta del Gran Consiglio, conclusasi nelle prime ore della mattina del 7 ottobre, l’unico gerarca a pronunciarsi contro la dichiarazione sarà Italo Balbo. Emilio De Bono e Luigi Federzoni esprimeranno riserve, Cesare Maria De Vecchi risulterà assente alla seduta. Tutti gli altri approveranno. Non ci saranno dimissioni. Al termine della riunione dirà Mussolini: “Ora l’antisemitismo è inoculato nel sangue degli italiani. Continuerà da solo a circolare e a svilupparsi”.
La "marea antisemita", come la definirà Giovanni Gentile, culminerà nel Regio Decreto Legge 17 novembre 1938 numero 1728, che accoglierà tutte le indicazioni del Gran Consiglio trasformandole in legge dello Stato.
La difesa della razza
Il regio decreto n. 1728 (Provvedimenti per la difesa della razza italiana) stabilirà il divieto di matrimoni misti tra ebrei e cittadini italiani di razza ariana. Sarà proibito anche prestare servizio militare o come domestici presso famiglie non ebree, possedere aziende con più di 100 dipendenti, essere proprietari di terreni o immobili oltre un certo valore, essere dipendenti di amministrazioni, enti o istituti pubblici, banche di interesse nazionale o imprese private di assicurazione.
Con la Disciplina dell’esercizio delle professioni da parte di cittadini di razza ebraica del 29 giugno del 1939 verranno imposte limitazioni e divieti anche all’esercizio della professione di giornalista, medico-chirurgo, farmacista, veterinario, ostetrica, avvocato, procuratore, patrocinatore legale, esercente in economia e commercio, ragioniere, ingegnere, architetto, chimico, agronomo, geometra, perito agrario, perito industriale.
Seguirà l’espulsione totale degli ebrei dall’esercito, il divieto di pubblicazione e rappresentazione di libri, testi, musiche ebree, il divieto di iscrizione nelle liste di collocamento al lavoro.
“Non possiamo capirlo - tristemente constatava Primo Levi - ma possiamo e dobbiamo capire di dove nasce, e stare in guardia. Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre”.
Anche oggi.