Partecipata e appassionata. Questa la descrizione dell’iniziativa voluta Cgil, Slc e Articolo21 per ragionare di informazione e comunicazione (rivedi qui la diretta). Libertà, democrazia e beni comuni gli assi cartesiani del confronto aperto da una introduzione di Riccardo Saccone, segretario nazionale della Slc Cgil, la categoria della confederazione di Corso di Italia che rappresenta e tutela lavoratori e lavoratrici della comunicazione, e chiusa da Maurizio Landini, segretario generale della Cgil.
L’emergenza democratica
Le ragioni dell’incontro sono ben esplicitate da Vincenzo Vita, di Articolo21 che ha svolto il ruolo di moderatore della mattinata: “Far crescere forte la consapevolezza che l'informazione non è solamente un tema di convegni e seminari, ma è anche un tema di lotta e conflitto”. E a dare sostanza a questo assunto ci ha pensato, che ha affermato: “Non siamo solo di fronte a un attacco alla libertà di stampa, ma a un disegno preciso che punta a produrre una vera e propria svolta autoritaria”.
Un paese a rischio arretramento
Per Saccone la scoperta di questo arretramento è avvenuta durante il Covid, e dipende dalla diffusione poco armonica della digitalizzazione. Il nostro Paese è in ritardo e sta procedendo alla diffusione della rete ultraveloce in maniera difforme territorialmente, creando così nuove diseguaglianze e nuovi divari. La digitalizzazione è questione che riguarda l’economia, certo, ma è anche e forse soprattutto una questione di cittadinanza e di democrazia. Le scelte che si sono e si stanno compiendo non vanno nella direzione che sarebbe necessaria. Si è scelto di abbondare la strada della costruzione del “campione nazionale” – magari a compartecipazione pubblica – e, sottolinea il sindacalista, “in questi giorni si sta compiendo l’ennesimo scempio che sta caratterizzando il lento quanto inesorabile declino industriale italiano: la separazione della rete di Tim dai servizi condannerà definitivamente il Paese alla irrilevanza tecnologica”.
Rai, da servizio pubblico a…
Nel passato la Rai è stata una grande agenzia culturale che ha fatto crescere l’Italia intera, non solo e non tanto per trasmissioni come quella del maestro Manzi che insegnò l’italiano a molti e molte, ma per il teatro, la musica, le produzioni che ha saputo realizzare, per l’innovazione tecnologica che ha messo in campo.
Oggi il rischio di arretramento è davvero reale, forse è già cominciato, non solo a causa di una governance direttamente discendente dall’esecutivo, ma anche per la scelta di definanziare l’azienda che rischia di aggravarsi vista la decisione di ridurre e riportare il canone in bolletta spostando – in parte – il finanziamento sulla fiscalità generale. E ancora: quale vuole e deve essere la missione del servizio pubblico? Saccone ha ricordato che nel 2027 scade la convenzione, ci sono alcuni anni di tempo per ripensarla e darle gambe.
Così come occorre restituire dignità e autonomia ai 13 mila lavoratori e lavoratrici che “vedono svilire quotidianamente le loro professionalità”.
Che fare?
Lo dice forte e chiaro il segretario della Slc: “Noi vogliamo contribuire ad aprire quanto prima un cantiere che offra un luogo di discussione e confronto con la società civile, l’associazionismo, il mondo degli autori e degli interpreti e dell’informazione. Un cantiere che ricostruisca un senso comune e che riassegni alla Rai il ruolo che seppe avere quando contribuì a costruire una coesione sociale, una narrazione condivisa che non aveva paura di raccontare le differenze in nome di un conformismo velenoso”.
Partendo da alcuni capo saldi scritti nero su bianco nella normativa europea “European Media Freedom Act”: media di servizio pubblico indipendenti con fonti di sostentamento stabili; trasparenza della proprietà dei media; tutela dell’indipendenza editoriale; garanzie per assicurare il pluralismo dei media e per prevenirne la concentrazione; istituzione del comitato europeo per i servizi dei media.
Ripartire dal lavoro
Lo afferma la Carta del ’48, “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”; e allora per il dirigente sindacale “anche per il mondo della informazione e della cultura non c’è per noi una strada alternativa a quella del rispetto dei valori della nostra Costituzione per la dignità del lavoro e una società più giusta ed inclusiva. Da qui occorre ripartire sapendo che anche da questo mondo, da queste lavoratrici e lavoratori dipenderà la qualità dello sviluppo e della coesione della nostra società”.
L’emergenza democratica
L’ha richiamata Giuseppe Giulietti di Articolo 21, e con lui si sono detti d’accordo gli altri e le altre che sono intervenuti, da Vittorio Di Trapani presidente dell’Fnsi, Marino Bisso della Rete No Bavaglio, Camilla Piredda dell’Udu: se nel giro di pochi giorni per due il presidente della Repubblica Sergio Mattarella prende la parola per affermare che uso dei manganelli è una sconfitta e per difendere la libertà e l’autonomia dell’informazione, “esiste un problema democratico”.
L’invito allora è quello di fare rete – organizzazioni sindacali, associazioni, movimenti – per difendere la libertà di informazione e di essere informati. E con esse difendere la democrazia e la Costituzione, se serve diventando “scorta mediatica del conflitto sociale”.