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Pio La Torre lo sapeva, ne ha fatto la battaglia di una vita, fino a morirne per mano mafiosa. Giovanni Falcone ha usato gli strumenti legislativi voluti dal parlamentare comunista, senza i quali non ci sarebbe stato il maxi processo e centinaia di anni di ergastolo ai padroni della Cupola. Per far male a Cosa Nostra e a tutte le mafie occorre colpire i patrimoni dei criminali, “segui l’odore dei piccioli” diceva il magistrato palermitano. Segui l’odore dei soldi e poi sequestra e confisca i suoi beni restituendoli allo Stato e facendoli diventare simboli produttivi di legalità. E tra i beni che la magistratura sottrae ai criminali vi sono anche aziende la cui sorte, in passato, troppo spesso era destinata al fallimento e all’uscita dal mercato. Grazie ad una serie di norme volute fortemente anche dalla Cgil, in alcuni casi promosse dalla Confederazione di Corso di Italia, oggi la restituzione all’economia legale può essere vincente.
Ben il 34 per cento delle imprese confiscate appartengono alla filiera dell’edilizia ed allora la Fillea Cgil ha approntato un vero e proprio manuale, uno strumento di informazione, conoscenza delle leggi e indicazioni operative di lavoro sindacale pensato per dirigenti, funzionari e quadri impegnati sulle aziende sequestrate e confiscate. Una cassetta degli attrezzi in due sezioni: “la prima di queste dedicata all’approfondimento giuridico sulle fonti di legge che regolano la materia complessa del sequestro e confisca dei beni, del controllo giudiziario ed altro della cospicua dote legislativa in materia. Una seconda parte dedicata alla nostra attività sindacale, il cosa fare, come agire, come dobbiamo utilizzare al meglio la normativa nell’azione sindacale. In articolare, come sostenere progetti a sostegno della continuità delle imprese ancora in grado di essere competitive sul mercato”.
Uno strumento utile, molto utile. Così il volume è stato giudicato non solo dai dirigenti sindacali – ed era in fondo scontato – ma anche dagli altri partecipanti al seminario di presentazione dell’opera. Francesco Menditto, procuratore della Repubblica di Tivoli con una lunga esperienza di gestione di beni confiscati, ha confessato che – citando la fonte – sta utilizzando parte delle 44 pagine per redigere a sua volta un saggio proprio su questi temi. Affermazione che ovviamente ha fatto un gran piacere a Graziano Gorla, segretario nazionale della Fillea con delega alla legalità, che ha tenuto a precisare come lo scopo di questo lavoro e dall’azione sindacale della categoria sia “la restituzione delle imprese confiscate economia legale e lo “strumento” che andrebbe privilegiato per ottenere il risultato voluto è la cooperativa di lavoratori. Ovviamente il sindacato deve partire dalla tutela dei dipendenti incolpevoli delle imprese, per questa ragione il volume incrocia sia la normativa antimafia che quella del lavoro”.
L’avvocato Andrea Merlo è il docente dell’Università di Palermo che ha contribuito alla stesura dell’opera definendolo “strumento di manutenzione attiva della legalità”.
Come era nelle intenzioni degli organizzatori, l’incontro è stato anche l’occasione per fare il punto della situazione, soprattutto per fare un primo bilancio dell’applicazione del nuovo Codice Antimafia, quello varato nel 2017 e che contiene anche le norme previste dalla legge di iniziativa popolare Io riattivo il Lavoro promossa dalla Cgil. Importante quindi, a questo fine, il resoconto dell’attività della Agenzia dei beni sequestrati e confiscali fornito dal direttore Bruno Frattasi: “La riorganizzazione dell’Agenzia procede, si sta lavorando al completamento dell’organico grazie ai cinque milioni a noi destinati dalla Legge di Bilancio 2020. Occorre, però mettere mano al alcune criticità, innanzitutto occorre evitare che nel tempo che separa il sequestro dalla confisca definitiva l’azienda muoia. È necessario non solo accelerare il percorso ma un maggior dialogo e strumenti di connessione tra la fase giudiziaria e quella amministrativa”. E se è positiva la Strategia Nazionale di valorizzazione di beni simbolici attraverso le politiche di coesione territoriali, occorre un maggior impegno da parte di regioni ed enti locali. Ancora il procuratore Menditto ha sottolineato, in accordo poi con i dirigenti sindacali, che al fine di evitare il fallimento delle aziende è necessario che ad affiancare l’amministratore giudiziario ci sia anche una figura manageriale in grado di fare – appunto – impresa. Alessandro Genovesi, segretario generale della Fillea, ha ricordato come da tempo: “Chiediamo venga istituito, così come previsto per gli amministratori giudiziari, un albo dei manager per la gestione delle aziende confiscate”. E una impresa per vivere ha bisogno di risorse. Camillo De Bernardinis, di Cooperazione finanza e impresa, ha sottolineato che il tema dell’accesso al credito e non solo sia dirimente: “Le risorse ci sono, occorre renderle fruibili”.
“Tammarro Cirillo era un delegato della Fillea – ha ricordato Genovesi – fu ucciso due volte, dalla camorra e dall’isolamento di chi pensando che quello fosse l’unico modo per tenersi il lavoro lo lascio solo. La lotta per la legalità è lotta per la libertà e la democrazia. E la partita si gioca tra i tempi del provvedimento giudiziario e l’assegnazione definitiva dell’azienda. Per questo è positivo il recente bando per l’assegnazione dei beni al Terzo settore, per questo servono manager. Occorre tenere presente che il fallimento di una azienda confiscata che potrebbe stare sul mercato è il fallimento della res pubblica”. E anche per il segretario nazionale della Cgil Giuseppe Massafra se non si riesce a immettere nel circuito dell’economia legale quanto confiscato il boomerang e assicurato. “Siamo nel pieno di una crisi economica fortissima, è proprio questo il tempo e il terreno fertile per le infiltrazioni della criminalità organizzata nelle aziende sane che fanno fatica. È necessario presidiare questo spazio contrastando corruzione e illegalità e rispondendo al bisogno di liquidità degli imprenditori”. Il sindacato agisce in diversi ambiti, innanzitutto “cercando di essere sempre più sentinelle della legalità e accompagnatori di percorsi di emersione e ritorno alla legalità. Diversi sono gli strumenti che utilizziamo – ha ricordato Massafra – innanzittutto la partecipazione dei lavoratori, e poi con la costituzione parte civile della nostra organizzazione nei processi. Per rappresentare i lavoratori e per contribuire alla divulgazione della cultura della legalità”.