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Promulgata da Enrico De Nicola, capo provvisorio dello Stato, il 27 dicembre 1947, e pubblicata nella Gazzetta ufficiale 27 dicembre 1947, n. 298 (edizione straordinaria) la Carta costituzionale entrerà in vigore il 1° gennaio 1948. I primi dodici articoli custodiscono i principi fondamentali che declinano lo spirito vitale della Costituzione.
“Nel redigere la presente relazione - sosteneva Giuseppe Di Vittorio in apertura del suo intervento alla Assemblea costituente (III Sottocommissione) sull’ordinamento sindacale - mi sono attenuto ad un duplice criterio: non sconfinare dall’ambito ristretto e ben delimitato del tema che mi è stato assegnato e non esprimere opinioni strettamente personali sui vari aspetti del tema stesso, ma bensì - per quanto è possibile - delle posizioni mediane, sulle cui basi possano eventualmente convergere le opposte posizioni di principio delle più larghe correnti d’idee esistenti nel Paese e nell’Assemblea Costituente”.
“Il diritto di associazione - diceva il segretario generale della Cgil - è senza dubbio fra i diritti fondamentali del cittadino e una delle espressioni più chiare delle libertà democratiche. Il diritto di associazione è anzi il presidio più sicuro della libertà della persona umana, la quale tende in misura crescente a ricercare la via del proprio sviluppo, della propria difesa e di un maggiore benessere economico e spirituale, specialmente nella libertà di coalizzarsi con altre persone in aggruppameli sociali, professionali, cooperativi, politici, religiosi, culturali, sportivi e di ogni altro genere, aventi interessi od ideali comuni od affini. Perché la Costituzione della Repubblica italiana sia adeguata alle nuove esigenze poste dallo stadio attuale dell’evoluzione storica del nostro paese, nel quadro di quella europea mondiale, occorre che la Costituzione italiana sancisca nel modo più chiaro il diritto pieno di associazione, che si compendi nella libertà delle varie organizzazioni di sviluppare liberamente la propria libertà, per la realizzazione dei propri scopi rispettivi, nei limiti fissati dalle leggi. Tale diritto deve essere riconosciuto a tutti i cittadini di ambo i sessi e di ogni ceto sociale, senza nessuna esclusione” .
La Costituzione della Repubblica affronta il tema del lavoro (il termine “lavoro” non compariva mai nello Statuto del 1848) essenzialmente nella prima parte - principi generali: artt. 1, 2, 3 e 4 - e nel titolo III - rapporti economici, artt. 35-40 e 46 - , oltre a contenere alcuni riferimenti distribuiti in altri articoli.
“La Costituzione - diceva qualche anno fa il segretario generale della Cgil Maurizio Landini - non va solo difesa, ma applicata in particolare sui diritti fondamentali a partire dal lavoro, dal diritto alla salute e all’istruzione (…). Io la Costituzione non l’ho studiata nelle scuole - ho cominciato presto a lavorare - ma mi permetto di dire che ho avuto la fortuna di conoscere lavoratori, lavoratrici, delegati sindacali che mi hanno fatto conoscere la Costituzione esercitando quei diritti dentro i luoghi di lavoro e mi permetto anche di ricordare che la Costituzione nata subito dopo la guerra, in realtà per essere applicata nelle fabbriche, ha avuto bisogno di molte lotte e di molte battaglie”.
Affermava parecchi anni prima Piero Calamandrei:
La Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e non si muove: perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile; bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità. Per questo una delle offese che si fanno alla Costituzione è l’indifferenza alla politica. È un po’ una malattia dei giovani l’indifferentismo. 'La politica è una brutta cosa. Che me n’importa della politica?'. Quando sento fare questo discorso, mi viene sempre in mente quella vecchia storiellina che qualcheduno di voi conoscerà: di quei due emigranti, due contadini che traversano l’oceano su un piroscafo traballante. Uno di questi contadini dormiva nella stiva e l’altro stava sul ponte e si accorgeva che c’era una gran burrasca con delle onde altissime, che il piroscafo oscillava. E allora questo contadino impaurito domanda ad un marinaio: 'Ma siamo in pericolo?' E questo dice: 'Se continua questo mare tra mezz’ora il bastimento affonda'. Allora lui corre nella stiva a svegliare il compagno. Dice: 'Beppe, Beppe, Beppe, se continua questo mare il bastimento affonda'. Quello dice: 'Che me ne importa? Unn’è mica mio!'. Questo è l’indifferentismo alla politica. È così bello, è così comodo! È vero? È così comodo! La libertà c’è, si vive in regime di libertà. C’è altre cose da fare che interessarsi alla politica! Eh, lo so anche io, ci sono… Il mondo è così bello vero? Ci sono tante belle cose da vedere, da godere, oltre che occuparsi della politica! E la politica non è una piacevole cosa. Però la libertà è come l’aria. Ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare, quando si sente quel senso di asfissia che gli uomini della mia generazione hanno sentito per vent’anni e che io auguro a voi giovani di non sentire mai. E vi auguro di non trovarvi mai a sentire questo senso di angoscia, in quanto vi auguro di riuscire a creare voi le condizioni perché questo senso di angoscia non lo dobbiate provare mai, ricordandovi ogni giorno che sulla libertà bisogna vigilare, vigilare dando il proprio contributo alla vita politica.