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Irma, nome di battaglia Mimma, nasce in guerra e muore in guerra. È la terza di tre figlie di una famiglia agiata di Bologna ma ai merletti preferisce la Resistenza. Staffetta partigiana, viene catturata il 7 agosto del 1944. Partita all'alba verso Castelmaggiore con un carico di documenti compromettenti e armi viene presa dopo uno scontro a fuoco. I nazifascisti la conducono in caserma.
"...Fatta prigioniera, Irma fu prima imprigionata a San Giorgio di Piano e poi consegnata a Tartarotti perché l’interrogasse. Aveva con sé dei documenti cifrati e le autorità fasciste volevano sapere da lei chi fossero i capi del movimento e dove fossero le basi. Fu torturata per ore e giorni, inutilmente, perché lei non fece nessun nome". Sette giorni e sette notti in balia dei mostri. Lei non dice una parola, non rivela un nome. Neanche quando sfinita la portano davanti alla casa dei genitori, la accecano e vuotano i caricatori del mitra sul suo corpo. "Lì ci sono i tuoi - pare le venga ripetuto - non li vedrai più se non parli". Irma risponde con il silenzio per poi sussurrare "passeranno i morti, ma resteranno i sogni".
Una staffetta e una gappista, una comunista che detesta il fascismo, il suo regime e i limiti che impone alle donne. Una che risponde alle camicie nere con vestiti colorati, che non ha paura di essere sempre ciò che è: una resistente. Forse anche per questo motivo una volta uccisa viene lasciata a terra, in strada, per un giorno. Neppure Angelo e Argentina, suo padre e sua madre, possono avvicinarla e piangerla.
A suo nome viene intitolata l'organizzazione gappista di Bologna: la Prima brigata Garibaldi. Nei giorni e nei mesi successivi al suo martirio, per partigiani e comunisti il ricordo di Mimma diventa uno sprone a intensificare la lotta di resistenza e liberazione. Quando verrà insignita della medaglia d'oro al valor militare lo sarà perché "Prima fra le donne bolognesi ad impugnare le armi per la lotta nel nome della libertà, si battè sempre con leonino coraggio. Catturata in combattimento dalle SS tedesche, sottoposta a feroci torture non disse una parola che potesse compromettere i compagni. Dopo essere stata accecata, fu barbaramente trucidata sulla pubblica via. Eroina purissima degna delle virtù delle italiche donne, fu faro luminoso per tutti i Patrioti bolognesi nella guerra di Liberazione". Secondo la scrittrice Renata Viganò per i nazifascisti Mimma fu "la più ignominiosa disfatta della loro sanguinante professione".