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L’arrembaggio a giornali e agenzie di stampa, l’occupazione della Rai come mai si era vista e gli effetti si vedono: giornalisti, conduttori e artisti che abbandonano l’azienda di servizio pubblico, il gradimento del pubblico che scema, la censura ormai strumento ordinario. Il tentativo non è solo quello di filtrare l’informazione ma, secondo Vittorio Di Trapani presidente Fnsi, sembra che la nuova missione dell’azienda sia quella di mutare il racconto del Paese, stravolgere la memoria condivisa, ridurre le libertà e i diritti costituzionali. Così poi, magari, cambiare la Costituzione mettendo nel dimenticatoio quella uscita e fondata sulla Resistenza e sulla lotta partigiana diventa più semplice. Per Di Trapani occorre una grande mobilitazione di tutte e tutti i cittadini, non corporativa per sconfiggere questo disegno.
La censura a Scurati è in realtà solo l'ultimo dei segnali di occupazione della Rai. Quanto è forte e capillare l’occupazione dell’azienda di servizio pubblico?
Mi ritrovo perfettamente nell’ultimo comunicato dell’Usigrai che ha parlato di “controllo asfissiante”. Purtroppo è esattamente così. Siamo di fronte a un controllo asfissiante e manca sempre di più quell’ossigeno indispensabile in una democrazia che è la libertà di stampa e la libertà di informazione. La vicenda Scurati è solo l'ultima che, peraltro, si tenta maldestramente e miseramente di nascondere dietro vicende economiche; maldestramente perché smentite dai documenti. Vorrei ricordare che le vicende economiche non sono state tirate fuori, quando invece si sono spesi i soldi dei contribuenti per tenere prodotti nel cassetto. Penso a esempio alla trasmissione di Roberto Saviano: la Rai ha comprato il prodotto e l’ha pagato ma lo tiene nel cassetto. Appare evidente che in quel caso la questione economica è passata in secondo piano. Ecco l'impressione, quindi, è che la si tiri fuori in maniera strumentale e all'occorrenza. Detto questo la cancellazione del monologo di Scurati previsto in occasione del 25 Aprile, è un fatto gravissimo.
Peraltro abbiamo scoperto che non è stato il primo: sempre un monologo e sempre per la trasmissione condotta da Serena Bortone era stato chiesto alla scrittrice Nadia Terranova un testo sui manganelli usati dalla polizia sugli studenti a Pisa. Una volta letto il testo è stato cancellato. Due casi in poche settimane.
Credo sia ormai chiaro ed evidente che esiste una crescente sofferenza nei confronti di tutto ciò che non solo è libertà di stampa, ma diritto di critica. Gli episodi citati lo dimostrano. E lo dimostrano anche le manganellate agli studenti a Pisa e non solo. Io dico che non bisogna essere per forza d'accordo con gli studenti e con i motivi per i quali protestano: quello che però non è pensabile e che si possano manganellare persone che decidono di scendere in piazza per manifestare e per protestare. Insomma, siamo di fronte a un’insofferenza più ampia nei confronti in generale dei diritti e delle libertà, quelle che sono state conquistate esattamente dalla Resistenza e dalla Liberazione che noi festeggiamo il 25 di aprile. Tutto questo dimostra che non bisogna mai smettere di lottare per difendere diritti e libertà.
Vorrei fermarmi un momento su questa tua ultima considerazione: la libertà di informazione è sempre più asfittica, la libertà delle donne è sempre più sotto attacco, basti pensare all’emendamento inserito nel decreto Pnrr per permettere alle associazioni antiabortiste di entrare nei consultori. La libertà di esercizio della professione dei magistrati è sempre più ridotta, potremmo proseguire.
È in corso un attacco generale ai diritti conquistati al prezzo di lotta, è un attacco a chi voleva e vuole costruire una società più aperta. È in atto un vero e proprio tentativo di invertire la rotta. Si sta dispiegando un'operazione di revisionismo, si tenta di trasformare la memoria di questo Paese e gli esempi sono numerosi. Penso alle parole pronunciate dal numero due dello Stato, il presidente del Senato La Russa, su via Rasella: è un'operazione revisionismo culturale. Quando si arriva addirittura a cancellare un monologo o quando si arriva a ipotizzare il Daspo per artisti che esprimono la loro opinione su valori che dovrebbero essere condivisi perché scritti in Costituzione come la pace e l'accoglienza, quando si riducono o si tenta di ridurre i diritti conquistati dalle donne, siamo di fronte a una operazione di revisionismo storico. Lo scopo è quello di recidere quel legame stretto tra la nostra Costituzione repubblicana, antifascista e antirazzista le cui radici affondano nella Resistenza e nella Liberazione. Lo scopo di questa operazione è chiaro: per cambiare la Costituzione occorre tagliare quelle radici e quindi serve riscrivere la Storia.
Esiste un elemento in più che riguarda specificatamente la Rai: non so se lo sia ancora, certo la Rai era la maggiore agenzia di produzione culturale del Paese, quella che raccontava le tante facce del Paese reale attraverso i telegiornali le trasmissioni di approfondimento giornalistico ma anche attraverso l’intrattenimento e la fiction. Qual è il Paese che si cerca di veicolare oggi?
Purtroppo la Rai finisce per essere una parte importante di questo progetto di revisionismo, perché per raggiungere l’obiettivo ovviamente serve cambiare il racconto del Paese, modificare la memoria condivisa. Quelli che parlano bene sostengono che occorre affermare un altro storytelling. Occorre quindi anche riscrivere la storia del servizio pubblico, per renderla funzionale a questo progetto. Del resto, non è un caso che il numero due della Rai e probabilmente presto numero uno, sia il dirigente che non più di quattro anni fa ha definito l'antifascismo una caricatura del passato. Questa operazione di revisionismo e riscrittura avviene su più versanti: quindi si ferma il monologo di Scurati, si parla di aborto e si invitano solo uomini, si riducono le repliche di Report e in generale si mette in difficoltà il giornalismo di inchiesta.
L’esecutivo dell’Usigrai e l’assemblea dei Cdr hanno proclamato cinque giorni di mobilitazione, esprimendo anche un grande disagio dei giornalisti e delle giornaliste nello svolgere il proprio lavoro. Come si può sostenere la mobilitazione e la lotta dei giornalisti e delle giornaliste stando fuori dalla Rai?
Innanzitutto ringrazio l’Usigrai e i comitati di redazione che con grande determinazione stanno denunciando quello che sta avvenendo in Rai. Anche perché, da questo punto di vista l’Usigrai ha una storia di coerenza, ha difeso e ha lottato per le libertà con i governi di ogni colore, le rassegne stampa e i motori di ricerca su internet sono lì a testimoniarlo. Dall'altra parte, per rispondere alla domanda, penso che questa è all'epoca nella quale non vi debba più essere una mobilitazione soltanto dei giornalisti o soltanto del sindacato delle giornaliste e dei giornalisti italiani. È il tempo di una mobilitazione generale più ampia e complessiva di artisti, di donne uomini di cultura, di accademici, magistrati, comuni cittadini donne e uomini della scuola e dell'accademia. Questo è il momento: c’è bisogno di una mobilitazione collettiva, che non sia di corporazione, nessuna. Serve una mobilitazione generale di tutti coloro che credono nella libertà e vogliono continuare a lottare per i diritti e le libertà costituzionali: spero si vada oltre i recinti di sigle associazioni, categorie, movimenti, professioni, aziende. Questo è il momento in cui le diversità che hanno a cuore i valori costituzionali devono essere messe insieme per farne una ricchezza.
Buon 25 Aprile, allora.
Sì, buona festa della Liberazione a tutte e tutti. Ci vediamo, per chi sarà a Roma a Porta San Paolo, luogo simbolo della Resistenza romana, e poi andrò sul Lungotevere a portare un fiore lì dove le squadracce fasciste sequestrarono Giacomo Matteotti.