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In zona rossa (9 regioni) si torna a scuola in presenza fino alle prima media, in zona arancione (11 regione) anche alle superiori, ma, come prima della chiusura, al 50 per cento. Il risultato è che da oggi (7 aprile) più di 5 milioni di studenti torneranno sui banchi. Una buona notizia, se non fosse che il cambio di passo per garantire la sicurezza di studenti e personale scolastico non c’è stato.
Nulla è stato fatto su trasporti dedicati, sulla possibilità di prevedere gruppi ridotti di alunni o con più docenti, il che implicherebbe ovviamente investimenti in organici e spazi. Anche del “Piano Miozzo”, che prevedeva tamponi da effettuare prima del rientro, si è persa traccia. E poi il dato più eclatante: il Governo e il ministero dell’Istruzione non dispongono e non diffondono dati sui contagi a scuola. Per Francesco Sinopoli, segretario generale della Flc Cgil,“il ritorno a scuola in queste condizioni,sembra più un atto volontaristico del Governo che una scelta consapevole accompagnata da misure concrete”.
Il fatto, poi, che il personale della scuola stia rispondendo positivamente alla campagna messa in atto, è un fattore importante, ma non sufficiente a garantire una riapertura in sicurezza delle aule.
Per la Flc Cgil, “il dibattito sulla scuola è, purtroppo, inquinato dalla necessità di dare risposte alle famiglie senza concentrarsi sulle effettive necessità per rendere sicuro questo contesto”. In particolare, spiegano dal sindacato, “manca una progettualità soprattutto in vista del primo settembre. Per questo chiediamo al ministro che ci convochi al più presto per la definizione una road map, con l’indicazione di azioni concrete e non solo di atti sostanzialmente privi dell’adeguata sicurezza per tutti”.
Per non ripetere a settembre la solita storia: sorpresa, impreparazione e dunque improvvisazione.