PHOTO
“Nei primi mesi del 2020 abbiamo perso 59 mila contratti di lavoro. Si rischia di raddoppiare se e quando toglieranno il blocco dei licenziamenti!”. A parlare è Fulvia Veirana, neosegretaria generale Cgil Liguria, una lunga gavetta sindacale iniziata alla fine gli anni Novanta come delegata all’Ipercoop di Savona, poi come segretaria in Filcams e alla Funzione pubblica, poi segretaria della Camera del lavoro di Savona ed, infine, segretaria generale Fp Liguria. Che precisa: “In assenza di un nuovo traino per lo sviluppo e di ammortizzatori sociali che garantiscano il reddito quando sei senza lavoro, si rischia di aumentare la sofferenza delle persone e poi di allargare la fascia dei poveri e di chi è in difficoltà”.
La prima riguarda l’evoluzione della pandemia. La nostra è una regione che ha una componente elevata di persone anziane e ha registrato nella fase di emergenza un numero alto di vittime, trend che continua tuttora. Ultimata la fase di vaccinazione per il personale sanitario, occorre accelerare quella per gli over 80, per poi passare velocemente agli step successivi. Su questo aspetto c’è un’importante criticità, e cioè la mancanza di personale sanitario: prima della pandemia contavamo già mille unità in meno, di cui 250 medici. Serve un cambio di passo per garantire la salute dei cittadini e poi perché il contenimento della pandemia con le chiusure continua ad avere pesantissimi effetti sull’economia, sul lavoro e sul reddito delle persone, in gran parte giovani e donne. La seconda priorità è lo sviluppo economico per la creazione di posti di lavoro di qualità.
Le cronache dipingono la Liguria come un territorio in difficoltà, al pari se non di più rispetto ad altre aree del Paese. È così?
I dati della Caritas non sono affatto rassicuranti: dai primi mesi dello scorso anno è aumentato del 30 per cento l’afflusso di persone che si rivolgono alle loro strutture per un pasto caldo, per lo più cittadini che hanno perso il lavoro nella prima fase della pandemia. Rimanendo ai numeri, nel 2020 abbiamo perso 12mila abitanti, soprattutto giovani che qui non vedono la prospettiva di una vita, di un futuro. I ragazzi se ne vanno all’estero, la situazione per diversi aspetti è drammatica, ma non può essere solo un problema che si pone il sindacato. Adesso c’è l’importante opportunità del Recovery Plan e la Liguria deve avere un progetto per lo sviluppo.
Qual è il modello di sviluppo che propone la Cgil?
Dobbiamo seguire gli assi delineati dal Recovery, transizione ecologica, inclusione sociale, digitalizzazione. La nostra dorsale industriale deve essere sostenuta seguendo questi tre indicatori. Per la portualità, che è di rilievo nazionale, per l’hi tech ambito nel quale abbiamo l’Istituto italiano di tecnologia, un centro di ricerca di fama mondiale, per l’ambiente dove la nostra università è un’eccellenza nazionale. È da qui che dobbiamo ripartire, mettendo a frutto queste filiere ma senza trascurare lo sviluppo delle nostre risorse naturali. Il turismo, per esempio, basato su un buon clima: occorre destagionalizzarlo in modo da renderlo capace di garantire occupazione stabile e di qualità. Inoltre, abbiamo la necessità di consolidare la filiera dei servizi alla persona. Abbiamo la ricchezza fatta dalla saggezza delle persone anziane, dobbiamo garantire il loro benessere: un volano economico per creare lavoro di qualità, in modo che tutte le parti della società possano guardare al futuro.
Dissesto idrogeologico e infrastrutture sono due punti deboli della Liguria. Come vanno affrontati?
Per la messa in sicurezza del territorio e l’efficientamento energetico abbiamo siglato accordi con la Regione che prevedono una serie di interventi e di risorse correlate alle regole per l’effettuazione dei bandi, vincolate alla quantità e qualità dell’occupazione. Questo lavoro di programmazione andrebbe attualizzato alla luce del Recovery, incrociandolo con il capitolo dedicato alle infrastrutture. È fondamentale che vengano coordinate e organizzate tutte le risorse disponibili per la nostra regione e che si parta in tempi rapidi per realizzare le infrastrutture capaci di togliere la Liguria dall’isolamento: a partire dall’ammodernamento della rete ferroviaria che tuttora per lunghi tratti è a binario unico, e dal terzo valico, un’opera che consentirebbe di collegare la nostra portualità al cuore dell’Europa, rendendola davvero competitiva.