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Contaminata dalla violenza di una stagione che sembra non risparmiare più nessuno, la buona pratica dell’accoglienza diffusa, che negli ultimi due anni aveva portato in questo spicchio di Piemonte risultati straordinari nel miglioramento delle condizioni di vita dei braccianti stranieri, lascia il passo a emarginazione, povertà e sofferenza. Quale altra didascalia potremmo accostare alle immagini di questi giorni che mostrano decine di migranti, indispensabili per la raccolta della frutta di queste terre, passare la notte su giacigli di fortuna nei parchi di Saluzzo e sotto i portici dei palazzi del centro. Proprio lì dove negli ultimi anni un amalgama virtuosa di spinte ideali e buone pratiche, portate avanti da alcuni amministratori locali e tante associazioni e sindacati, attraverso il modello citato di accoglienza diffusa, aveva reso umane le condizioni di vita di questi lavoratori. Persone che, quasi in tutti gli altri contesti del genere, restano spesso al di sotto delle più elementari soglie di dignità.
Dove, altrove, i braccianti dormono in masserie abbandonate e prive di acqua e luce o vivono in ghetti di lamiere e degrado a perdita d’occhio, qui, nel pregiato distretto della frutta piemontese, una zona nella quale la raccolta inizia a giugno con i mirtilli e, passando dalle pesche alle albicocche alle mele, offre prospettive e lavoro fino a novembre, c’era il Pas, Prima accoglienza stagionali, che dava rifugio a centinaia di lavoratori. “Un progetto pensato – si legge in uno dei tanti siti che lo presenta – per offrire ai migranti stagionali un dormitorio nel periodo di lavoro, o di ricerca del lavoro. Nato proprio dalla volontà di superare l’accampamento informale, restituendo dignità a questi uomini”. Gestito dalle istituzioni ma aperto a tutti quei soggetti che fanno della mediazione culturale e dell’attenzione a chi ne ha bisogno una missione. E che, con il loro impegno, hanno reso questi luoghi molto più che dormitori. Centri sociali, di integrazione, di comunità, di apprendimento, di incontro. Dove mischiarsi con gli amici o i parenti nei giorni di riposo e apprendere, grazie ai sindacati, nozioni sui propri diritti.
Che fine ha fatto questo progetto e l’inestimabile valore sociale che portava in dote? È stato spazzato via da un intreccio perverso di virus, difficoltà logistiche oggettive che, dati i protocolli di sicurezza, rendono insufficienti le strutture messe in campo fino allo scorso anno, convenienze elettorali e una dose massiccia di egoismo tornato a solleticare tante pance. “Ci avevano raccontato che probabilmente sarebbero stati gli italiani a sostituire gli stranieri”, ci dice Davide Masera, segretario generale della Cgil di Cuneo, trafelato al telefono. Sta andando alla conferenza stampa indetta da un’alleanza sociale di cui fanno parte tanti soggetti della società civile tra cui Caritas, Libera, Slow Food, Anpi, Cgil e Flai, Cisl e Uil, per lanciare l’appello “Per una stagione di dignità”. “In realtà di lavoratori italiani non ce ne sono a sufficienza e, come tutti gli anni, sono arrivati i migranti. A centinaia. E tra poco saranno molti di più. Ma il progetto sull’accoglienza diffusa è chiuso, di fatto, per pandemia. Dei 34 comuni del distretto della frutta, solo quattro si sono resi disponibili: Saluzzo, Costigliole Saluzzo, Verzuolo e Lagnasco. Negli altri comuni c’è un problema elettorale, questo è il motivo”.
Davide Masera ce lo racconta con amarezza, spiegandoci quanti danni fa questo atteggiamento miope. “Io sono cresciuto in un’epoca in cui la politica aveva anche una funzione didattica, di insegnamento ai cittadini. Adesso in tanti non si vogliono sporcare le mani, non vogliono dire la verità all’opinione pubblica. E va a finire che quasi nessuno dei sindaci di quel territorio ha il coraggio di fare cose che invece dovrebbero essere normali. Perché se ognuno di loro si prendesse carico di queste persone, il problema dell’accoglienza non esisterebbe. Basterebbe suddividere 30, 40 persone per ognuno dei 34 comuni e, considerando che molti lavoratori vengono ospitati nelle aziende, tutto questo degrado troverebbe soluzione”.
Ma cosa ci stiamo perdendo con questa chiusura? “Ci stiamo perdendo tutti tanto. Negli ultimi due anni il sistema di accoglienza ha favorito la nostra presenza e la nostra interazione con i lavoratori, portando risultati, dal punto di vista sindacale, probabilmente unici in Italia: nel 2018 con la nostra maggiore attività e l’apertura del Pas il numero dei contratti regolari è salito del 25 per cento. Nel 2019, del 53 per cento. Vuol dire aumento delle disoccupazioni agricole, un nuovo modello anche culturale, la possibilità di provare ad attivare nuove prassi, anche con le associazioni datoriali. Nelle condizioni attuali – ammette sconsolato il segretario della Cgil di Cuneo – è tutto più difficile. E tra poco anche i migranti che adesso si sono stabiliti nelle cascine abbandonate, un fenomeno senza precedenti da queste parti, scenderanno a Saluzzo. E il problema diventerà ancora più grande”.
Eccola, l’ennesima vittima del covid. L’accoglienza. Anche in Piemonte, anche in questo angolo di società civile e civiltà sociale, l’emergenza sanitaria rischia di cancellare gli ultimi anni di progressi e riportare tutti al paziente zero del virus più antico, quello dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo.