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Decidere di costruire un futuro per le zone colpite dal sisma non vuol dire soltanto ri-edificare le aree terremotate, ma sostenere pratiche e progetti che contrastino il loro progressivo declino materiale, sociale ed economico, mirando anche a un territorio più ampio. Con questo obiettivo, Cgil, Cisl, Uil con Confindustria, attraverso il Comitato Sisma Centro Italia, hanno finanziato progetti concreti e in gran parte già realizzati. La necessità che si pone è quella di superare una “distanza” che, in assenza di azioni concrete, rischia di diventare incolmabile. I problemi che affliggono l'Appennino da decenni sono stati acuiti dalla crisi: spopolamento, invecchiamento, perdita di presidi produttivi, allontanamento dei servizi, carenza di infrastrutture materiali e immateriali, difficoltà nei trasporti, conseguente crisi occupazionale ed economica. Oggi, peraltro, a un’emergenza già consolidata si aggiunge quella causata dalla pandemia, che ha provocato ulteriori rallentamenti, mettendo maggiormente in difficoltà territori e comunità.
Abbiamo più volte denunciato l’immobilismo della ricostruzione privata e pubblica. Così come abbiamo posto all’attenzione delle istituzioni l’urgenza di darvi un concreto impulso, soprattutto al fine di contenere i danni sociali, l’oblio delle comunità, l’ulteriore perdita di posti di lavoro, l’interruzione delle attività economico-produttive. Occorre decidere con forza di costruire un futuro per queste aree attraverso un percorso partecipativo, mettendo in campo tutti gli strumenti finalizzati alla ripresa economica, sociale e produttiva. Basterebbe partire dal completamento di spesa dei fondi del 4% per la ricostruzione destinati allo sviluppo economico, previste per il sisma del 2009. Risorse che – quando stanziate – i Comuni hanno faticato a spendere a causa delle complesse procedure burocratiche. La misura non è stata estesa agli enti coinvolti dal sisma del 2016, decisione che potrebbe incidere nello sviluppo delle aree di localizzazione produttiva, nella promozione dei servizi turistici e culturali, nell’attività di ricerca, innovazione tecnologica e alta formazione, nel sostegno alle attività imprenditoriali, nello sviluppo di servizi di connettività, anche attraverso la banda larga, per cittadini e imprese, laddove il digital divide rappresenta comunque, in molte zone, un problema ancora in cerca di soluzione.
Le misure per il rilancio delle attività produttive, vanno accompagnate da interventi urgenti che riguardano sanità, trasporti, infrastrutture, scuole e messa in sicurezza del territorio. Leggiamo in questi giorni che il governo sta lavorando a un piano da 5 miliardi di euro per le zone colpite dal terremoto. Un macro progetto finalizzato a riattivare i territori, partendo dalla valorizzazione dell'identità e delle specificità locali, dal rafforzamento delle infrastrutture sociali, formative ed economiche e dal potenziamento delle reti tecnologiche e dei trasporti. Su questo, come su altri temi legati all’utilizzo di queste delle risorse del Recovery Fund, la Cgil chiederà all’esecutivo l’apertura di un confronto con le organizzazioni sindacali.
Laura Mariani è responsabile delle politiche abitative e per lo sviluppo urbano della Cgil con delega per la ricostruzione e la prevenzione antisismica