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Francesco, il Papa della gente e degli ultimi, che si è speso per i migranti e contro le guerre, il primo latinoamericano e il primo gesuita della storia. “Nell’incredibile retorica che sta accompagnando la morte di Bergoglio, ci si dimentica che Francesco è stato un grande amico dei movimenti popolari in tutto il mondo e che ha dato voce alle lotte dal basso – afferma Giuseppe De Marzo, coordinatore nazionale della rete Numeri Pari -. È stato megafono per la pace e contro la guerra, e ha rappresentato a mio avviso la voce più autorevole in questi anni di smarrimento. Lo ringraziamo per quello che ha fatto per la giustizia sociale e ambientale, per aver piantato una bandiera davanti alla disumanizzazione”.
Un Pontefice che è uscito dal solco classico del magistero per appellarsi a quanti, anche non credenti, anche non cattolici, vogliono dare un contributo per cambiare la situazione sociale, a partire dalla crisi del progetto europeo e dei rischi di conflitto globale, dalle dinamiche politiche ed economiche, dai guasti ambientali. Un Papa che ha invitato al dialogo i movimenti popolari italiani e che si è appellato a essi per costruire la pace e cambiare paradigma non solo economico ma anche culturale.
“Abbiamo incontrato Francesco ad Arena di Pace, lo scorso maggio a Verona, 12 mila persone provenienti da tutto il mondo, centinaia di esponenti dei movimenti popolari che hanno riflettuto su migrazioni, ecologia, lavoro, economia, diritti e disarmo – prosegue De Marzo –. Lì abbiamo condiviso il documento Fragilità e interdipendenza, usato per dialogare con Bergoglio sulla Laudato Deum e per ridefinire i nostri punti di vista e cosa siamo diventati dopo anni di cammino insieme. Nella sostanza abbiamo sostenuto che per uscire dalla crisi strutturale in cui ci siamo infilati è necessario costruire un nuovo paradigma di civiltà che mette finalmente al centro l’ecologia integrale”.
La risposta del Pontefice, che ha accolto sorprendentemente quel punto di vista, non si è fatta attendere: “Sono sempre più convinto che il futuro dell'umanità non è solo nelle mani dei grandi leader, delle grandi potenze e delle élite – ha detto -. È soprattutto nelle mani dei popoli. Nella loro capacità di organizzarsi e anche nelle loro mani che irrigano, con umiltà e convinzione, questo processo di cambiamento. Voi, però, tessitrici e tessitori di dialogo in Terra Santa, chiedete ai leader mondiali di ascoltare la vostra voce, di coinvolgervi nei processi negoziali, perché gli accordi nascano dalla realtà e non da ideologie: le ideologie non hanno piedi per camminare, non hanno mani per curare le ferite, non hanno occhi per vedere le sofferenze dell'altro. La pace si fa con i piedi, le mani e gli occhi dei popoli coinvolti”.
I popoli e i movimenti che nascono dal basso, quindi, sono stati valorizzati per la prima volta da questo Pontefice. “Francesco è stato per noi un grande amico, un grande compagno di viaggio – aggiunge De Marzo –, si è fatto megafono dei movimenti popolari, degli indigeni, degli ambientalisti, e ha contribuito a costruire una critica al modello tecnocratico, è stato una voce autorevole che ha criticato lo status quo economico, sociale e culturale insieme a noi. La cosa incredibile oggi è l’ipocrisia dei giornali e della politica italiana, che stanno cancellando completamente alcune delle questioni più importanti del suo magistero, a partire dall’impegno per la giustizia ecologica. Senza dimenticare che è stato il primo a portare i movimenti popolari e sociali in Vaticano”.
Bergoglio aveva riposto speranze nei movimenti, chiedendo loro di continuare a portare avanti il loro impegno, basato sull’ecologia integrale che riconosce i diritti della natura per garantire i diritti umani. “Voi odorate di lotta, ci ha detto, invitandoci a gridare – conclude De Marzo –, nella speranza di non perdere l’umanità e di rigenerare le comunità”.