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Il 19 ottobre 1968, moriva Aldo Capitini. Un uomo controcorrente, antifascista durante il fascismo (fu tra i pochissimi a rifiutare la tessera del Pnf e per questo perse il ruolo di segretario della Normale di Pisa), antiautoritario al tempo dell’autoritarismo, eretico per la chiesa del potere e politico senza tessera.
Scriveva sul suo diario personale Pietro Nenni qualche giorno dopo la sua morte: “È morto il prof. Aldo Capitini. Era una eccezionale figura di studioso. Fautore della nonviolenza, era disponibile per ogni causa di libertà e di giustizia. (...) Mi dice Pietro Longo che a Perugia era isolato e considerato stravagante. C’è sempre una punta di stravaganza ad andare contro corrente, e Aldo Capitini era andato contro corrente all’epoca del fascismo e nuovamente nell’epoca post-fascista. Forse troppo per una sola vita umana, ma bello”.
Capitini dedicherà la sua vita al tema della non violenza e dell’obiezione di coscienza collaborando con intellettuali impegnati sullo stesso fronte quali Danilo Dolci e Don Milani e fondando il Movimento nonviolento e il Centro di coordinamento per la nonviolenza. Il 24 settembre 1961 darà vita alla prima marcia per la pace e la fratellanza dei popoli di ventiquattro chilometri fra Perugia ed Assisi.
“A una marcia della pace pensavo da anni e una volta ne detti anche l’annuncio, d’accordo con Emma Thomas, tanto che l’Essor ginevrino pubblicò la notizia - scriveva nelle proprie note autobiografiche -. Ma l’idea non si concretò per varie difficoltà. Quando, nella primavera del ‘60, feci a Perugia insieme con amici un bilancio delle iniziative prese e di quelle possibili, vidi che l’idea della marcia, soprattutto popolare e regionale, piacque. Ma solo nell’estate essa prese un corpo preciso in riunioni apposite, che portarono alla fondazione di un comitato d’iniziativa.”
“Ebbi pronte adesioni - prosegue il filosofo - come quella del maestro Gianandrea Gavazzeni; passarono mesi di spedizione di circolari e di lettere personali; dall’on. Pietro Nenni ebbi nel novembre 1960 una lettera molto favorevole. Ma debbo dire che oltre quel primo carattere, di iniziativa non dei partiti, che avrebbe dovuto assicurarmi una più facile adesione da tutte le persone e associazioni operanti in Italia per la pace, io tenevo sommamente a un secondo carattere, che anzi era stato il movente originario del progetto: la marcia doveva essere popolare e, in prevalenza, regionale”.
La prima Marcia per la Pace Perugia-Assisi si svolge il 24 settembre: “Questa marcia era necessaria ed altre marce saranno necessarie nel nostro e negli altri paesi, per porre fine ai pericoli della guerra, per liberare i popoli dai mali dell’imperialismo, del colonialismo, del razzismo, dello sfruttamento economico. (...) Aver mostrato che il pacifismo, che la non violenza, non sono inerte e passiva accettazione dei mali esistenti, ma sono attivi e in lotta con un proprio metodo che non lascia un momento di sosta nelle solidarietà che suscita e nelle non collaborazioni, nelle proteste, nelle denunce aperte, è un grande risultato della marcia”, dirà lo stesso Capitini a commento dell’iniziativa.
A seguire riproduciamo il testo dei cinque principi contenuti nella Mozione del popolo per la pace letta e approvata a conclusione della Marcia:
Primo - Nell’idea di ‘fratellanza dei popoli’ si riassumono i problemi urgenti di questo tempo: il superamento dell’imperialismo, del razzismo, del colonialismo, dello sfruttamento; l’incontro dell’Occidente con l’Oriente asiatico e con i popoli africani che aspirano con impetuoso dinamismo all’indipendenza; la fratellanza degli europei con le popolazioni di colore; l’impianto di giganteschi piani di collaborazione culturale, tecnica, economica.
Secondo - Per preparare la pace durante la pace è necessario diffondere nell’educazione e nei rapporti con tutti a tutti i livelli, una capacità di dialogo, una sincera apertura alla coesistenza ed alla pacifica competizione di ideologie e di vari sistemi politici e sociali, nel comune sviluppo civile, ed affermare il lavoro come elemento costruttivo fondamentale.
Terzo - La pace è troppo importante perché possa essere lasciata nelle mani dei soli governanti; è perciò urgente che in ogni nazione tutto il popolo abbia il modo di continuamente e liberamente informarsi, e sia convocato frequentemente ad esprimere il proprio parere.
Quarto - Nel pericolo che la pace sia spezzata da una guerra immane, è urgente l’unione di tutti coloro che nel mondo sono disposti a resistere alla guerra.
Quinto - L'umanità è giunta al punto che è in grado di apprezzare altamente un tipo di educazione aperta, rinnovatrice delle strutture legate a privilegi e pregiudizi, una educazione eroicamente nonviolenta.
Cinque principi densi di conseguenze operative nei quali si esprime un’altra idea di civiltà - tanto nei fini quanto nei mezzi per raggiungerla - fondata sulla non violenza, sulla pace, sull’inclusione, sul rifiuto di ogni forma di discriminazione o razzismo. Parole e concetti sui quali riflettere e dai quali, magari, ripartire.