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“La Cgil è sempre stata vicina a Riace. Già dal 2010, quando eravamo in piena emergenza Nordafrica, senza fare clamore i compagni ci hanno portato medicine e altri beni di prima necessità. All’epoca avevamo un numero di rifugiati molto alto e c’era stato un black out, non ci assegnavano fondi e noi avevamo circa cento bambini. La situazione era tragica e loro, senza che chiedessi nulla, si sono messi silenziosamente in moto e la loro solidarietà è stata molto importante, ci ha dato ossigeno”.
Mimmo Lucano ci parla così della Cgil, lo fa dalla sua Riace, dove in una mattinata torrida ha appena incontrato sotto gli archi del Parco delle fontane i volontari di Libera e quelli dello Spi che frequentano il Campo delle legalità del borgo. Si tratta di un gruppo di “campisti” diverso dal solito, composto da molti adulti che hanno aderito singolarmente da tutta Italia, e da giovani ragazze all’inizio degli studi universitari.
Anche loro non sono venute in gruppo ma da sole, alcune sono della stessa Calabria, cosa rara, e la maggior parte fa studi giuridici o di politica internazionale. Credono in un mondo che veda nell’immigrazione una risorsa, un argine allo spopolamento e guardano oltre, al futuro, alla necessità di dare nuova linfa alle tante aree interne che da Nord a Sud seguono il destino della desertificazione.
Riace è di per sé un luogo di rinascita
Tanti anziani, pochissimi servizi, nessuno sportello postale o bancario, le “corriere”, se va bene, a collegare i centri più grandi. Il Campo delle legalità di Riace è differente: nessun bene confiscato alla criminalità organizzata e restituito alla comunità per creare luoghi di rinascita sociale e nessun impiego “lavorativo” per i campisti.
Perché Riace è di per sé un luogo di rinascita, lo è stato in passato non solo per le popolazioni straniere accolte, ma anche per il borgo stesso che da scatola vuota ha visto le case riaprire, i bambini giocare per strada, gli asili, le botteghe artigiane puntellare le discese e le salite del centro storico.
Ritornato a vestire la fascia tricolore e con il nuovo incarico a Bruxelles, Mimmo Lucano mira a ricostruire pezzo per pezzo “il villaggio globale” e ad applicare la sua visione a tutte le aree interne. In questo momento ci sono circa 25 stranieri, 12 bambini frequentano l’asilo. Hanno rialzato la saracinesca la mensa sociale e l’ambulatorio solidale.
“Il ritorno dei Campi delle legalità a Riace per me è un piccolo segnale che si accompagna ad altri. Sono segnali di speranza. Non possiamo ristabilire subito la Riace multietnica e quel modello contro il declino demografico delle aree interne che subiscono lo spopolamento che vorrei esportare in Italia e in Europa. Ma abbiamo tanta speranza e contatti. A Riace – dice – vengono in tanti, vogliono capire e conoscere, come questi ragazzi, perché anche in questo modo si viene fuori dall’isolamento e dalla solitudine, ma anche dalla rassegnazione”.
Lucano, per tutti Mimmo, racconta ai volontari della legge regionale 18 del 2009 con la quale “la Regione Calabria promuove il sistema regionale integrato di accoglienza e sostiene azioni indirizzate all'inserimento socio-lavorativo di rifugiati, richiedenti asilo e titolari di misure di protezione sussidiaria o umanitaria”. Una legge mai applicata pienamente e che per Lucano dovrebbe essere adottata in tutte le Regioni allo scopo di ridare vita ai borghi impoveriti a causa dello spopolamento.
Ne parla circondato non solo dai volontari, ma anche da alcuni anziane donne di Riace che ascoltano facendo l’uncinetto. Non nasconde il disincanto Mimmo Lucano, è visibilmente ancora provato dalla vicenda giudiziaria che lo ha visto assolto dopo anni pesanti e di accanimento, ma lì dove sbucano sfiducia e pessimismo trova le sollecitazioni dei giovani e dei volontari dello Spi, nonché del segretario generale Spi Cgil Calabria Carmelo Gulli e della segretaria generale Spi Cgil Area metropolitana Mimma Pacifici.
“Non ci siamo mai persi con la Cgil – conclude prima di andare via per prendere l’autobus che lo dovrà portare a Lamezia –, tra noi c’è una visione comune dell’accoglienza. Credo che l’aver voluto fare una Camera del lavoro proprio a Riace abbia voluto suggellare questo legame”.