In tanti, raccolti intorno alla Cgil, abbiamo avviato una campagna per difendere la nostra Costituzione dall’ennesimo, e più grave, proposito di manomissione. Di questo impegno, la manifestazione del 7 ottobre sarà un momento alto, contraddistinto, credo si possa dire, da un rapporto particolarmente intenso tra profili "ordinamentali" e "sociali", visto che il vulnus dell’autonomia differenziata riguarda proprio questi ultimi, che la prima parte della Carta contempla in modo tanto impegnativo. 

Sono citati uno per uno, dal documento posto a base della manifestazione, i diritti sociali leggibili nel dettato costituzionale, lavoro, salute, casa, reddito, istruzione, ambiente, e appunto, così enunciati, disegnano la strada maestra da percorrere, come anche la grafica dell’iniziativa suggerisce in modo convincente.

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Ma non basta citarli, i diritti ai quali ci appelliamo, bisogna pure farli vivere, per il fatto stesso che la Costituzione, in materia sociale, disegna qualcosa di simile a un "programma aperto". La Costituzione no, ma la messa in opera dei diritti sociali da essa contemplati è semper reformanda, e dal riconoscimento di questa circostanza dipende la credibilità stessa dei fondamentali, altrimenti esposti al rischio di una ripetizione magari accesa, ma in verità stanca, generica, sentita troppe volte per essere incisiva.

E allora, per esemplificare su un unico argomento, non basta dire istruzione, e nemmeno istruzione permanente, che duri per tutto l’arco della vita. Piuttosto si tratta di inquadrare la catastrofe della mente (riprendo l’espressione da Roberto Finelli) in atto nel tempo in cui viviamo, registrata anche, ormai, dagli studi sulle più basilari capacità di attenzione, concentrazione, lettura, ascolto, memorizzazione, ecc., senza le quali, si capisce, tutto è perduto.

C’è spazio, su questa base, per la rivendicazione che la scuola pubblica sia destinataria di investimenti massicci, fuori scala rispetto a quelli di ogni ordinaria politica sociale, commisurati al compito, fin troppo alto, di contrastare i fenomeni di deprivazione culturale di massa che giorno dopo giorno si stanno impadronendo della società italiana (come di tante altre).

Considerazioni di analogo tenore, in certo modo radicale, possono e debbono riguardare tutti gli altri argomenti messi al centro della manifestazione: le questioni ambientali riconcettualizzate e rese operabili in termini di post-crescita, il nesso di lavoro e reddito rivisitato alla luce dell’idea di un basic income universale e incondizionato, and so on.

Con questo ordine di considerazioni non conviene perdere contatto anche quando si tratta innanzi tutto del compito, urgentissimo, di contrastare i disegni del governo in carica: ne va, ripeto, della possibilità di far vivere, più che attuare, la nostra Carta costituzionale, in nome della quale scenderemo in piazza.

Alessandro Montebugnoli, vicepresidente Centro per la riforma dello Stato