Nel nostro paese le bambine e i bambini sono sempre di meno e, soprattutto, sono sempre più poveri. Nella Giornata internazionale dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza il dato - rilevato dalla XV edizione dell’Atlante dell’Infanzia a rischio in Italia e dal titolo Un due tre… stella. I primi anni di vita realizzato da Save the Children - certamente non sorprende ma rappresenta la tragica conferma del pessimo stato di salute del nostro Paese.

I numeri parlano chiaro: il 13,4% delle bambine e dei bambini tra 0 e 3 anni (ben 1 milione e 295 mila) nel 2023 è in povertà assoluta e circa 200 mila di età compresa tra 0 e 5 anni (l’8,5% del totale) non hanno almeno un pasto adeguato ogni due giorni: nel 2021 erano il 7,7%. Non solo: oltre la metà risiede nel Mezzogiorno, dove la percentuale sale al 12,9%. Quasi un bambino su dieci (9,7%) della stessa fascia d’età ha sperimentato la povertà energetica, cioè ha vissuto in una casa che non era adeguatamente riscaldata in inverno: anche in questo caso l’incidenza è cresciuta rispetto al 2021, quando era all’8,6%.

I primi mille giorni di vita sono determinanti per la crescita e lo sviluppo di ciascuno - dice Claudio Tesauro, presidente di Save the Children - . Troppi genitori oggi in Italia affrontano la nascita di un bambino in solitudine, senza poter contare su adeguate reti di sostegno”. Mentre è evidente che, continua, “il supporto alla prima infanzia è un obiettivo da mettere al centro di tutte le scelte della politica: nel campo della salute come in quello dei servizi educativi; nel contrasto alla povertà così come nella tutela dell’ambiente”.

Calo demografico senza fine

Oltre al tema fondamentale della povertà esiste evidentemente un collegamento tra le mancanze segnalate da Tesauro e l’altra conferma che emerge dal rapporto, e cioè il fatto che in Italia il calo demografico continua a colpire duramente: il 2023 ha conosciuto infatti un nuovo record negativo per la natalità, con meno di 380 mila nuovi nati.

Il risultato è che le bambine e i bambini tra 0 e 2 anni rappresentano attualmente appena il 2% della popolazione nazionale, ma lo squilibrio tra generazioni è destinato ad ampliarsi progressivamente in futuro. Secondo le previsioni Istat, si legge nel rapporto di Save the Children, infatti, “se oggi i bambini e ragazzi fino a 18 anni di età sono il 15,3% della popolazione, nel 2050 saranno il 13,5%. Al contrario, la generazione più anziana (over 65) passerà dall’attuale 24% al 34,5% nel 2050”.

E ancora, nel 2002-2003 in Italia erano presenti poco meno di 2 milioni di famiglie con almeno un bambino sotto i 3 anni (1 milione 920 mila), l’8,7% del totale dei nuclei con o senza figli. A soli dieci anni di distanza, si sono ridotte a meno di 1 milione e mezzo (1 milione e 450 mila), ossia il 5,7% di tutte le famiglie.

Asili nido col segno meno

Povertà e calo demografico sono certamente il risultato di tanti fattori, ma certo è che a pesare sono soprattutto la mancanza di servizi all’infanzia e il costante aumento del costo della vita. Quanto ai primi, un ruolo fondamentale per ridurre le diseguaglianze lo svolgono i nidi. Gli asili nido rappresentano uno strumento essenziale per ridurre le diseguaglianze, ma oggi meno di un bambino su tre dagli zero ai due anni trova posto.

E nonostante gli investimenti del Pnrr anche in questo caso gli squilibri territoriali rimarranno altissimi: Campania e Sicilia, le regioni più indietro non arriveranno neanche a coprire il 30% delle esigenze. Tra l’altro, le due regioni sono la seconda e la terza, dopo la provincia autonoma di Bolzano, per incidenza dei bambini 0-2 sulla popolazione, e presentano alti tassi di povertà minorile e dispersione scolastica. Ricordiamo che il target di copertura che dovrebbe essere offerto dai nidi a livello europeo è fissato al 45% per il 2030.

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Come spiega Raffaella Milano, direttrice ricerca di Save the Children, “l’Italia è apprezzata nel mondo per i suoi asili nido, ma sconta la drammatica assenza di questi servizi proprio nei territori più svantaggiati. La legge di bilancio 2022 ha fissato una soglia minima di copertura del servizio per ogni Comune entro il 2027. Ma ad oggi vi sono molte incertezze sul raggiungimento dell’obiettivo, soprattutto per i bambini del Sud: sia per la costruzione dei nuovi nidi, che per i costi del loro funzionamento, e non da ultimo per la formazione e la messa in servizio del personale educativo”.

Il Pnrr, sottolinea, “rappresenta un’occasione storica per abbattere le disuguaglianze territoriali che penalizzano il presente e il futuro dei bambini nei loro primi anni di vita. Per questo motivo, chiediamo alla Commissione bicamerale infanzia di fare chiarezza sul sistema educativo zero-sei in termini di obiettivi e finanziamenti e di indicare una vera e propria road map condivisa, senza retromarce e senza lasciare nessun territorio indietro”.

Sempre più su il costo della vita

Tra i fattori che pesano c’è poi anche il costo delle spese da sostenere nei primi anni di vita dei figli. I dati raccolti dall’indagine sono ancora una volta  indicativi. Dal 2019 al 2023 la spesa per latte e pappe è salita del 19,1%, superiore di 3 punti all’inflazione generale.

Inoltre, secondo un’elaborazione del Centro studi Confindustria e di Save the Children sui dati diffusi da Federconsumatori, tra il 2014 e il 2024, i costi pre-nascita – visite mediche, ecografie, abbigliamento premaman – sono cresciuti del 37%, passando dai circa 2.000 euro complessivi del 2014 a oltre 2.740 euro nel 2024. Aumenti significativi anche per le spese indispensabili nel primo anno di vita, in particolare per le famiglie con i redditi medio bassi: dal 2021 al 2024 le spese per i pannolini, ad esempio, sono cresciute dell’11% e le spese per le creme sono aumentate del 14%.

Sono elementi e riflessioni che dovrebbero guidare il governo verso una politica che affronti i nodi strutturali delle due piaghe segnalate dal rapporto: povertà e calo demografico. Servono investimenti sui servizi e politiche che alzino i livelli salariali delle famiglie. Bonus e sconti fiscali tarati su improbabili quozienti familiari servono davvero a poco. Rappresentano solo un po’ di benzina per un’ideologia traballante.