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La situazione nelle valli di Sondrio questa mattina è surreale. Tra l’annuncio che le piste avrebbero riaperto e il carnevale ambrosiano che vive la sua settimana clou, famiglie e sciatori sono calati nella provincia già dal fine settimana, investendo soldi e ferie in una settimana bianca che non si potrà fare. A raccontarci il clima, gelido in tutti i sensi, tra la delusione degli appassionati e la rabbia degli esercenti, è il segretario della Camera del Lavoro di Sondrio, Gugliemo Zamboni, che indica nei governatori la responsabilità di questo pasticcio.
“La riapertura del 15 è stata una forzatura decisa dalle Regioni, senza nessuno avallo. Il ministro Speranza non aveva mai dichiarato, nei giorni precedenti, di essere d’accordo con la ripresa dello sci. Ancora una volta lo scollamento tra governo e regioni – per altro il precedente esecutivo era di un colore diverso rispetto a molti presidenti delle regioni interessate – ha generato l’ennesimo problema. Poi certo, c’è da dire che la proroga del blocco degli impianti di risalita poteva essere decisa prima, evitando disagi e ulteriori perdite a un settore che è già in ginocchio. Qui molti bar, rifugi e ristoranti hanno rifornito le cucine in vista della ripartenza di oggi, merce deperibile che andrà buttata. E in tanti esercizi commerciali sono stati assunti lavoratori in più oltre ai fissi, con la speranza di sfruttare al meglio questa coda”.
In Lombardia sono 1200 gli addetti agli impianti a fune, compresi gli stagionali e sono tra le 6 e le 7mila persone quelle impiegate nell’indotto turistico della sola provincia di Sondrio. Solo a Livigno ci sono 150 alberghi rimasti, di fatto, sempre chiusi. “Il problema – ribadisce Zamboni – è di governance. Per questo occorre, una volta di più, stabilire chi decide. Ora la partita si sposta sui ristori, sulla tutela di questi lavoratori, soprattutto di chi non è stato ricollocato nella stagione estiva e si trova con l’unico strumento di garanzia, la naspi, agli sgoccioli. Occorrono interventi e sussidi, serve un prolungamento del Fis per chi non è stato licenziato grazie al blocco. Mi riferisco a tutto il settore coinvolto, dove i dipendenti diretti sono solo una piccola parte dell’indotto del turismo dello sci”.
La preoccupazione è tanta perché questo nuovo stop potrebbe, di fatto, decretare la fine della stagione. Molto dipenderà da eventuali proroghe del blocco dopo il 5 marzo e dall’andamento delle temperature. Perché le piste più alte, sopra i duemila metri, reggeranno fino alla fine del mese almeno, le più basse, probabilmente, no.
La stagione era comunque già compromessa abbondantemente. “Se nevica tanto a fine novembre – ci ha spiegato Guglielmo Zamboni – i milanesi scelgono di venire qui per il ponte di Sant’Ambrogio e fanno gli abbonamenti stagionali che li riporteranno in Valtellina per tutto l’inverno. Tutti questi meccanismi sono saltati, gli abbonamenti non sono stati venduti e oggi, se anche dovessero riaprire il 5 marzo, vedremo cosa succederà. Questa sarebbe stata comunque una settimana intensa”.