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Non studio, non lavoro, non guardo la tv. Vengono in mente i Cccp di Fedeli alla linea per descrivere quelle e quei giovani che non sanno come stare, cosa fare, e che probabilmente stanno male. Sono i Neet, Not in employement, education or training. L’indicatore è nato verso la fine degli anni Novanta, per provare a descrivere il fenomeno già allora in crescita della disoccupazione giovanile, ma è oggi ampiamente utilizzato in tutta Europa, dove l’Italia detiene il triste primato del numero più alto di giovani che si trovano in questa condizione.
Depressi, fobici e sfiduciati
Tre milioni tra i 15 e i 34 anni, fragili ed esclusi, per i quali non avere un lavoro è tutt’altro che un’ottima scusa per poltrire. Spesso soffrono di depressione, disagio, fobie. Una condizione – e un fenomeno sociale – scandagliati dal rapporto “Neet tra disuguaglianze e divari. Alla ricerca di nuove politiche pubbliche” appena pubblicato da Futura Editrice e nato nell’ambito delle attività di partenariato stipulate tra Cgil e ActionAid, per mettere in campo una serie d'iniziative utili a promuovere politiche efficaci rivolte alle nuove generazioni.
Identikit di una generazione
Ma chi sono i giovani che non studiano, non lavorano e non sono impegnati in percorsi di formazione? Facile immaginarli come “gli sdraiati” di Michele Serra nel suo romanzo: giovani che dormono quando il resto del mondo è sveglio, un tutt’uno con il divano di casa dei propri genitori. La questione è, invece, molto più complessa e necessita risposte in termini di politiche pubbliche altrettanto elaborate.
Il rapporto di Cgil ed Action Aid, partendo da una fotografia generale del fenomeno, elabora i dati forniti dall’Istat per mettere a fuoco le disuguaglianze che permeano la categoria (territoriali, socio-economiche, di genere, di cittadinanza) ed esplorare la condizione professionale dei Neet che non sempre, e non necessariamente, corrisponde a quella dell’inattività o della disoccupazione tout court.
Un miraggio chiamato lavoro
Gli scoraggiati, come dimostra il rapporto, sono solo uno dei profili possibili, ognuno con delle caratteristiche molto specifiche. A determinare questa condizione di profonda fragilità e vulnerabilità, infatti, concorrono molteplici fattori: l’età, il contesto di povertà educativa e dispersione scolastica, la condizione socio-economica, il genere, la cittadinanza e, non ultimo, le esperienze avute (o negate) in un mercato del lavoro in cui è sempre più difficile entrare e sempre più facile uscire.
Pnrr, l'aiuto che mancava?
I numeri dei Neet in Italia sono quelli di un’emergenza sociale. Un popolo d'invisibili che le politiche pubbliche non hanno saputo, fino a ora, intercettare né aiutare a uscire da quella che si definisce “la zona grigia dell’inattività”. Il principale programma d’intervento è stato la Garanzia Giovani finanziata con i Fondi Europei.
Ma ha funzionato? E quanto e come i fondi del Pnrr verranno impiegati per riformare le politiche attive? Sono questioni oggi più che mai aperte. Nonostante le risorse destinate a Garanzia giovani, restiamo ancora il paese dell’Ue27 con il più alto numero di Neet. Per loro “No Future” è molto più di un retaggio punk.