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Cosa serva per essere felici non è mai stato chiaro se non nelle favole, e da qualche tempo a questa parte nemmeno in quelle. Ma di certo sono evidenti i motivi che spingono al malessere e all’infelicità, soprattutto tra i giovani. È uscito il Good Childhood Report 2024, pubblicato dalla Children’s Society, che annualmente misura il grado di benessere e di soddisfazione tra i ragazzi e i giovani.
LA CLASSIFICA DELL’INFELICITÀ
La Gran Bretagna si posiziona ultima, con un quarto dei quindicenni che si dichiara insoddisfatto della propria vita. Ma se il Regno Unito sta male, neanche l’Italia se la passa troppo bene, con il suo sesto posto. A stare meglio di tutti sono invece gli olandesi, con solo il 7% di pareri negativi. Nel rapporto si parla di una vera e propria “recessione nella felicità”, che ha tra le cause la pandemia, la povertà, la preoccupazione sulla sicurezza e il cambiamento climatico.
“CI VOGLIONO PERFORMANTI”
“La pandemia ci ha costretti per forza a fermarci e ad ascoltare noi stessi, in una società in cui siamo abituati a ritmi frenetici – osserva Martina Bortolotti, responsabile politiche giovanili Fp Cgil – e così sono emerse le nostre frustrazioni, le ragioni di infelicità che normalmente siamo costretti a sotterrare con mille impegni che ci vogliono sempre performanti”.
LAVORO E MALESSERE
Ai giovani, ormai da più di una generazione, non è concesso fallire. Bisogna essere sempre al top in tutto quello che si fa, “ci hanno insegnato che se non hai il posto fisso e un certo tipo di stipendio, se lavori poche ore, se non raggiungi determinati risultati scolastici, allora vali poco”. Per i ragazzi, oggi, il lavoro è ancora un valore, un elemento di realizzazione professionale, ma non è l’unico.
POCHI SPAZI DI AGGREGAZIONE
Rivendicano, infatti, la costruzione di relazioni sane (non solo filtrate dagli schermi) ma anche di spazi di aggregazione che vengono sempre di più erosi. “Viviamo in città e territori troppo poco attenti alle esigenze dei ragazzi – commenta Gianluca Torelli, politiche giovanili Cgil –. Gli spazi pubblici vengono appaltati ai privati e perdono la dimensione di socialità a favore delle logiche del profitto”.
LA CRISI DELLE AREE INTERNE
Questo vale per le grandi città, ma anche per le aree interne, afflitte da uno spopolamento lento e graduale, perché non in grado di offrire prospettive di futuro a chi vorrebbe restare. Non è dunque un caso se il maggiore tasso di malessere psicologico tra i giovani si registri proprio al Centro-Sud, con un picco in tutte le grandi città, a prescindere dalle regioni.
SERVE SUPPORTO PSICOLOGICO
Lo dicono i dati dell’ultima indagine del Consiglio Nazionale dei Giovani, resi pubblici ad agosto di quest’anno: tre giovani su quattro avvertono l’esigenza di un supporto psicologico. Soprattutto le donne (87,3%), rispetto al 61,8% degli uomini. Un dato di genere che fa il paio con quello del Chilwood Report, secondo le ragazze sono più infelici rispetto ai loro coetanei.
UN MERCATO DEL LAVORO CHE ANNIENTA
“Da questo punto di vista bisogna fare un salto di qualità – prosegue Torelli – quando si parla di benessere psicologico si sta parlando di salute, e dunque di un diritto che andrebbe garantito a tutti sul territorio nazionale, a partire dalle scuole”. I giovani andrebbero valorizzati di più, insomma, come fa notare Martina Bortolotti, secondo la quale “l’instabilità e la precarietà percepite non derivano dalla mancanza del posto fisso, ma dal muoversi all’interno di un mercato del lavoro che non valorizza l’individuo e non lo gratifica”.
STIPENDI DA FAME
E se la retribuzione è, in teoria, l’unità di misura delle proprie mansioni e dei propri sforzi, il termometro sociale sballa di fronte a stipendi da fame, che “spingono a voler cambiare paese – commenta Torelli –, perché la vita e lo studio nel nostro Paese costano troppo. Se lavori sei sottopagato, se studi a volte non ce la fai neanche a comprare i libri di testo. Se pensiamo agli studentati privati che stanno costruendo nelle grandi città, ci rendiamo conto di che luoghi inospitali e poco vivibili stiamo offrendo alle ragazze e ai ragazzi”.
ISOLATI DAI TRASPORTI
E a proposito di infrastrutture, se non è facile vivere, lo è ancor meno spostarsi, a causa di un “trasporto pubblico per nulla funzionale, che taglia fuori le aree interne dal resto del paese”. Se è vero che i soldi, da soli, non fanno la felicità, bisogna ammettere che vivere in condizioni di povertà, di lavoro povero e di precarietà genera ansia, frustrazione, malessere psicologico. Soprattutto se mancano prospettive, perché i governi non sono in grado di offrire una via d’uscita valida dalla crisi.
GIOVANI INVISIBILI
“La voce dei giovani, in questo paese – conclude Torelli – viene sistematicamente cancellata”. E invece i giovani, come spiega Martina Bortolotti, hanno voglia di dire la loro, di rivendicare il valore della noia, intesa come ozio creativo e non come perdita di tempo, e il valore dei momenti dedicati a sé stessi, alla famiglia, alle esperienze, a una realizzazione personale che passa anche, ma non solo, dal lavoro. Un lavoro che vorrebbero adeguatamente retribuito e tutelato.
IL BISOGNO DI ESSERE VALORIZZATI
I giovani, forse, per essere felici vogliono poter essere imperfetti. Non gli ingranaggi impersonali di una grande e anonima catena di montaggio, ma persone “ognuna con il proprio percorso unico – conclude Bortolotti –, che sia giusto per me e non necessariamente per un altro. Oggi, invece, quello che è giusto fare ci viene calato dall’alto. E se non ci riesci, sei un fallimento”.